Esperimento dei ricercatori dell’Università di Bologna: messa a punto una tecnica non invasiva con la quale si possono modificare le connessione neurali
Come una «scossa» tra neuroni, anche di diverse aree cerebrali, per potenziare le connessioni e rendere di fatto il nostro cervello ancora più dotato di quanto già non sia.
È pieno di aspettative, l’esperimento condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna, che ha messo a punto una nuova tecnica non invasiva per raggiungere questo risultato. Lo studio, pubblicato sulla rivista «Current Biology», descrive un protocollo di neurostimolazione in grado di modificare con una precisione senza precedenti le connessioni neurali responsabili dell’apprendimento di compiti specifici, lasciando inalterati i collegamenti limitrofi.
«Utilizzando questo approccio, siamo stati in grado di ricalibrare per alcuni minuti il sistema visivo dei soggetti coinvolti, rendendoli capaci di percepire meglio una specifica direzione del movimento – racconta Alessio Avenanti, docente di neuroscienze sociali, affettive e cognitive dell’ateneo emiliano, tra i coordinatori dello studio, a cui hanno preso parte anche psicologi delle università inglesi di Westminster ed Essex -. Abbiamo aumentato l’efficienza delle loro connessioni cerebrali agendo con la precisione di un bisturi, ma in modo non invasivo».
Neuroni connessi
Il nostro cervello è composto da circa cento miliardi di neuroni che, collegati tra loro da un enorme numero di connessioni, ci permettono di compiere tutte le attività che siamo in grado di eseguire, dalle più elementari alle più complesse. Queste reti neurali non sono però fisse. Al contrario, è proprio la loro alta flessibilità che ci permette di apprendere nuovi compiti. Se si tratta di un compito complesso, come per esempio imparare a suonare uno strumento musicale, le reti neurali vengono sottoposte ad una modifica profonda. Se invece si tratta di un compito più semplice, come l’esecuzione di un nuovo brano musicale con lo strumento che abbiamo già imparato a suonare, si attivano modifiche più rapide.
Casi di modifiche nelle connessioni tra neuroni si possono osservare in ogni contesto. Se consideriamo ad esempio le capacità necessarie per svolgere un determinato lavoro, possiamo notare che i controllori di volo sono particolarmente abili a monitorare la presenza di oggetti in movimento, mentre i tassisti sono in grado di memorizzare con facilità le mappe stradali. Ma in che modo possiamo indagare e controllare questi cambiamenti delle connessioni neurali nel momento stesso in cui avvengono?
Stimolazioni magnetiche
I ricercatori sono partiti da una tecnica chiamata stimolazione magnetica transcranica che, grazie a una bobina posizionata vicino alla testa, permette di creare un campo magnetico in grado di attivare specifiche aree cerebrali.
La stimolazione magnetica transcranica è una tecnica non invasiva – non prevede operazioni chirurgiche o altre azioni dirette sui soggetti coinvolti – e per questo viene molto utilizzata sia in campo di ricerca sia in ambito clinico. Presenta però un grosso limite: l’azione della bobina non è precisa e finisce per attivare un gran numero di neuroni, rendendo di fatto impossibile stimolare specifiche aree cerebrali in modo selettivo.
Per superare questo ostacolo, il gruppo di ricerca ha applicato un modello che utilizza coppie di stimolazioni magnetiche per mimare la direzione e il tempo di comunicazione tra due aree cerebrali coinvolte in un determinato compito. Questo paradigma, come chiarisce Vincenzo Romei, docente di neuroscienze cognitive, «è conosciuto come stimolazione associativa appaiata cortico-corticale ed era già stato utilizzato in un esperimento precedente, riuscendo a dimostrare che è possibile migliorare la capacità di percezione visiva di stimoli in movimento, ma con effetti generalizzati a movimenti in qualsiasi direzione. Lo scopo ora era arrivare a migliorare la percezione di movimenti in una direzione specifica».
Sedici persone coinvolte nell’esperimento
Allo studio hanno preso parte sedici persone, sottoposte a tre diversi esperimenti tramite stimolazione associativa appaiata cortico-corticale. La stimolazione è stata applicata su due aree del sistema visivo, una legata alla percezione del movimento e una dedicata più in generale alla percezione di stimoli.
Ai soggetti coinvolti sono stati presentati una serie di stimoli che si muovevano verso destra o verso sinistra, con l’obiettivo di preattivare gli specifici neuroni visivi collegati alla percezione del movimento in una singola direzione. A questo punto, i ricercatori hanno attivato la tecnica di stimolazione magnetica sulle due aree cerebrali coinvolte. E i risultati sono stati positivi. «La stimolazione ha permesso di rafforzare le connessioni preattivate, migliorando così la capacità dei soggetti di percepire movimenti in una singola direzione», affermano i ricercatori. L’esperimento ha dimostrato che è possibile rafforzare la comunicazione tra sottogruppi di neuroni presenti in diverse aree del cervello e aumentare la capacità funzionale connessa a quelle aree. Una novità che può avere ricadute importanti in campo clinico e riabilitativo «L’applicazione di questa nuova tecnica può essere allargata a contesti e funzioni diversi – chiosa Romei -. In particolare, abbiamo intenzione di lavorare su casi legati all’invecchiamento e su alcuni disturbi neurologici».
La Stampa