Troll del Russiagate dietro l’attacco social al presidente della Repubblica Sergio Mattarella? E’ l’interrogativo con risposta affermativa che si pone un articolo del Corriere della Sera firmato da Federico Fubini, che ricorda come il capo dello Stato, per avere detto no nel pieno rispetto delle proprie prerogative, alla designazione del professore Paolo Savona al ministero dell’Economia, domenica 27 maggio 2018 venne sottoposto a un’offensiva sui social network senza precedenti. “Senza che fosse chiaro come e da dove sia partito l’ordine, migliaia di profili di Twitter iniziano improvvisamente a bombardare la Rete con la stessa parola d’ordine: #MattarellaDimettiti”, ricorda Fubini. Che aggiunge: “Luigi Di Maio, oggi vicepremier e già leader della prima forza politica del paese, aveva appena chiesto la messa in stato d’accusa del garante della Costituzione che si era limitato a esercitare le sue prerogative: aveva rifiutato di avallare la scelta di un esponente anti-euro come ministro dell’Economia senza che ciò fosse stato discusso nei programmi elettorali”. L’articolo precisa come l’hashtag “#MattarellaDimettiti”, presente anche in questi giorni nel web, “in quelle ore di fine maggio conobbe una diffusione esponenziale, esplosiva. Non era il frutto di un’operazione trasparente, ma venne chiaramente coordinata con cura: lo si intuiva dall’attivismo di tanti snodi digitali, molti dei quali anonimi e tutti impegnati a far crescere il più in fretta possibile il rumore di fondo attorno allo slogan prescelto. Almeno una ventina dei profili di Twitter coinvolti nella campagna digitale contro il capo dello Stato avevano una storia controversa. Probabilmente anche di più di venti. Nel passato recente quei profili su Twitter, che appartengono a italiani del tutto ignari, erano stati usati una o più volte dalla Ira, Internet Research Agency di San Pietroburgo per far filtrare nel nostro paese la propria propaganda a favore dei partiti populisti, dei sovranisti e degli anti-europei. Gli stessi account che fino a poco più di un anno prima erano stati rilanciati, fatti rimbalzare e a volte sollecitati a intervenire sulla Rete da parte di agenti russi sotto copertura, adesso stavano attaccando Mattarella”. Insomma, un giallo autentico, anche perché come specifica Fubini., “non è possibile sapere se i troll russi abbiano avuto un ruolo anche nell’alimentare l’ultima campagna contro il presidente della repubblica. Ma è certo, invece, che “alcuni di coloro che presero parte a quell’attacco digitale di fine maggio erano già stati sollecitati dai russi in modo occulto, dunque a loro insaputa, in casi precedenti. Su questo non c’è più alcun dubbio. Sulla base di quasi tre milioni di tweet contenuti nell’archivio studiato dal procuratore speciale Robert Mueller, che indaga sulle interferenze russe nelle presidenziali del 2016 e nella politica americana in genere. Quei tweet, sottolinea il Corriere, sono ”in gran parte in inglese ma se ne trovano circa 16 mila in italiano, alcuni dei quali attraverso la figura chiave di un troll anonimo in particolare: Elena07617349. «Elena» a volte scrive in inglese e finge di essere americana (dice per esempio il 4 gennaio 2017: «Possiamo e dobbiamo imparare dalla Russia» nel rapporto con i musulmani). Altre volte però «Elena» è italianissima: chiama Barack Obama «negher» e viene rilanciata da altri troll russi anonimi per esempio quando definisce le Coop «bande di ladri legalizzate dallo Stato»; dice che «questi arabi del c. si sono bevuti il cervello»; lamenta «i fondi impiegati per i clandestini»; propone di mandare l’ex presidente della Camera Laura Boldrini in Libia con un gommone o si ripromette di spararle in testa; accusa il Pd di finanziare la Fondazione Clinton con il denaro dei contribuenti. A questi e altri post su Twitter, brandelli di conversazioni alimentati occultamente dai russi, vengono associati moltissimi italiani reali. È evidente che i russi sperano che quelli rilancino. In particolare il Corriere ha contato una ventina di questi profili autentici, attivi nell’inverno 2016-2017, che si ritroveranno poi fra coloro che partecipano all’attacco digitale a Mattarella”.