Da Associated Press un reportage, ripreso dalla stampa internazionale, per evitare il sovraffollamento, senza perdere nulla o quasi della Grande Bellezza. Tra i consigli: l’ingresso a Caracalla anziché nel Colosseo; Villa Doria Pamphili e la chiesa di Santa Maria della Vittoria, “dove si ammira un Bernini superiore a quello di Piazza Navona”
Visitare Roma senza vedere la Cappella Sistina, senza entrare al Colosseo, e tornare ugualmente soddisfatti, ispirati, ammaliati da quello che comunque si è potuto ammirare? Si può. Lo sostiene un inviato dell’Associated Press, la prima agenzia di stampa statunitense, il cui reportage è stato ripreso da grandi quotidiani e siti di tutto il mondo, dal Washington Post al Toronto Star, fino ai siti inglesi, del Golfo Persico e persino della Nuova Zelanda. Ne scaturisce una serie di suggerimenti per assaporare il meglio di Roma senza essere travolti dalla folla. Consigli che non risparmiano “tagli” di grandi icone quali lo stesso Anfiteatro Flavio – o quantomeno la visita all’interno – o i Musei Vaticani, e che per questo sono destinati a far discutere, ma che trovano una sua logica nell’era del turismo a numero chiuso e dei crescenti conflitti tra chi in un determinato angolo del mondo è turista e chi in quella stessa via o piazza è nel gruppo della popolazione locale. (Pensare a quanto accade in una qualunque metà mattina dell’anno in Piazza di Spagna, nello spazio tra la Fontana della Barcaccia e la Scalinata di Trinità dei Monti, sovraffollato quanto ristretto, tra i commuter locali impantanati nello slalom tra i selfie, e i turisti che scattano la foto ricordo strattonati dai meno educati tra i residenti).
Tutto nasce dIal resoconto di una zombie experience vissuta ai Musei Vaticani qualche mese fa, una giornata in cui l’affollamento era tale da oscurare la visuale non solo degli affreschi murali, ma persino di quei soffitti che il suo stesso genio visionario aveva suggerito a Michelangelo di decorare, come extra. “Era un giorno lavorativo di primo autunno, quel momento in cui ci si aspetta che l’alta stagione turistica di finalmente spazio a una parvenza di civiltà – scrive l’autore. – Non a Roma, però”
Il reportage prosegue tra descrizioni di folle rumorose e sudate, e citazioni di quel Mark Twain, che – lui stesso, pioniere dei grandi viaggiatori, annotò l’amara constatazione di cui fu vittima nella Città Eterna: lui che vedeva l’esplorazione di luoghi remoti come la “nobile chance” di essere il “primo a”, si rese conto che a Roma tale proposito non poteva concretizzarsi.
“L’arte che si ammira al Vaticano è imbattibile – conclude l’autore Raf Casert ch è belga – ma se dopo una mezza giornata claustrofobica nei Musei adiacenti San Pietro ci si scopre a guardarsi attorno, all’interno del Palazzo Massimo delle Terme (sede del Museo Nazionale Romano, n. d. r.), e a chiedersi: ‘dove sono finiti tutti?'”, forse è il caso di porsi altre domande,.
L’approdo è una serie di suggerimenti per assaporare la stessa Capitale, assieme ad altre città o siti famosi, anche con percorsi e itinerari “off the beaten track”, per usare un’espressione che tutti i frequentatori delle guide Lonely Planet conoscono. Alternative in qualche caso altrettanto eclatanti rispesso ai siti preda del turismo di massa, in altri solo poco meno belle e di valore, ma così tanto superiori sotto il fronte della fruibilità proprio per la grande chance che si ha di poterle vedere tra pochi intimi. O quasi. Per Roma e non solo. Alcune – precisa l’autore – potrebbero sembrare sacrileghe. Ma vale la pena di tentare
– A Roma, evitare la visita interna del Colosseo. Il monumento, si potrà comunque ammirare da diverse strade limitrofe, e al limite dagli stessi Fori. Come alternativa, una visita alle Terme di Caracalla, uno dei più grandi stabilimenti dell’epoca romana, capaci a suo tempo di ospitare 1.600 persone. Lo scenario è altrettanto capace di infondere meraviglia e soggezione; i mosaici sono anche più belli.
– Ammirare 10 grandi dipinti veramente da vicino può essere meglio che intravederne 100 attraverso una foresta di selfie stick. L’idea? Palazzo Doria Pamphili. Si dice che Papa Innocenzo X, al secolo Giovanni Battista Pamphili, quando, per la prima volta, ammirò, in quello stesso palazzo, il ritratto che gli aveva appena dipinto Diego Velázquez, abbia esclamato: “Troppo vero”. Molti considerano quell’opera il massimo ritratto pittorico della storia, ma il turismo di massa lo ignora.
Roma è densa di opere d’arte ovunque. La selva di teste e di spalle sudate vi impedisce di assaporare le statue del Bernini nella Fontana dei Quattro Fiumi in Piazza Navona? In pochi minuti, sia a piedi che sui mezzi, potrete raggiungere la più che discreta chiesa di Santa Maria della Vittoria (tra piazza della Repubblica e piazza Barberini, stazioni metro A omonime n. d. r.) all’interno della quale si trova l’Estasi di Santa Teresa, il capolavoro assoluto del grande scultore barocco.
Altri consigli investono alcune delle mete del turismo di massa, italiane ed europee. L’autore suggerisce ad esempio Ferrara come possibile alternativa a Firenze. Per quanto riguarda l’universo olandese-fiammingo da cui l’autore proviene, Ghent può essere un’ottima alternativa alla rinomata e affollata Bruges (anche se qualcuno ‘di troppo’ comincia a conoscerla); per quanto riguarda Amsterdam, un’altra delle mete la cui amministrazione pensa a limitare i flussi turistici, il suggerimento è di utilizzare, almeno come campo base, la vicina, e simile, per struttura canalare, Utrecht.
Esempi, per la città eterna come per il resto del Belpaese, se ne potrebbero fare molti. Chi scrive pensa alla Fontana del Gianicolo come rimpiazzo per Trevi o all’Isola Tiberina; per non parlare dell’Appia Antica, almeno di giorno lavorativo. Sconfinando al di fuori dei confini della Capitale, allo splendido borgo di Calvi dell’Umbria, visitato praticamente in solitudine nell’ultimo lunedì di Pasquetta, quando nella vicina e più rinomata Bevagna non si riusciva ad entrare; alle sorprendentemente fresche montagne abruzzesi, dove si possono trascorrere ore in solitudine persino a Ferragosto o alla spettacolare Val d’Orcia, dove in qualsiasi periodo dell’anno c’è ancora spazio per tutti. Ognuno di noi potrebbe citare esempi a decine. Parafrasando ancora una volta l’autore di Huckleberry Finn, l’inviato di Associated Press conclude con ironia: se ai tempi di Mark Twain l’imperativo categorico del viaggiatore era quello di riuscire a toccare qualcosa, la sfida oggi sembra essere quella opposta, quella cioè di non essere toccati da nulla.
Repubblica.it