Beauty contest al via. Il vincitore dovrà rilevare visione degli annunci, frodi e formati non invasivi
Editori certificati per concorrere con i big della rete
Una rilevazione con cui gli editori potranno mostrare agli investitori che la pubblicità sui propri siti è effettivamente vista dalla propria audience, che i brand sono inseriti all’interno di contenuti sicuri, che gli utenti sono veri e non ci sono frodi, che i formati delle inserzioni non infastidiscono i navigatori.
In altre parole, una ricerca con cui certificare la qualità delle audience pubblicitarie online.
È l’obiettivo a cui vuole arrivare Iab Italia, l’associazione che riunisce gli operatori italiani dell’online. Ieri Iab ha fornito i dettagli sul beauty contest che già aveva preannunciato il presidente Carlo Noseda durante il Forum annuale a fine novembre. La gara servirà a individuare uno o più partner esterni con cui ideare un progetto di ricerca ad hoc. Al momento, infatti, Iab ha semplicemente dato gli obiettivi di questa ricerca, ed entro il 28 febbraio del prossimo anno le società interessate potranno inviare le proprie proposte sulle attività da realizzare, oltre all’indicazione dei costi e dei tempi.
Una misurazione della qualità online da affiancare a quella della quantità, soprattutto oggi che il tema della trasparenza sta diventando sempre più importante, dopo gli incidenti che riguardano i grandi attori, dalle errate misurazioni di Facebook alle pubblicità inserite accanto a contenuti non appropriati su YouTube, che rischiano di creare disaffezione negli investitori.
In realtà il mercato italiano non è ancora toccato, o lo è molto poco, da fenomeni come le frodi pubblicitarie, l’ad blocking e simili, ma per un editore di siti di qualità avere una certificazione su quanto offre agli investitori potrebbe essere una carta importante da giocare nella lotta ad accaparrarsi una fetta di questo mercato che sta sempre più andando a favore dei grandi player internazionali.
Nell’invito a presentare le proposte Iab chiede che le società interessate abbiano tecnologie proprietarie per misurare il tasso di viewability degli spazi pubblicitari (se un annuncio è visto o meno perché per esempio si trova in basso nella pagina e l’utente non ci arriva); rilevare e filtrare comportamenti fraudolenti e traffico non umano; identificare e filtrare contenuti illegali e potenzialmente dannosi per i brand degli investitori; intercettare gli utenti che utilizzano un adblocker; rilevare l’utilizzo di formati invasivi o il mancato rispetto dei principi definiti da Iab Us compresi quelli di affollamento pubblicitario.
Un editore, quindi potrebbe essere rappresentato da una griglia che mette in luce questi fattori oppure si potrebbe arrivare a un indice sintetico che li contenga tutti. «Stiamo avviando una fase di verifica della fattibilità di tutto questo», ha spiegato il general manager di Iab Italia Daniele Sesini. «Con l’avvio del beauty contest cerchiamo di capire se una misurazione di questo tipo è possibile e soprattutto se è possibile arrivare a un indice sintetico, non facile da costruire. Di sicuro è giusto che gli operatori di qualità vengano riconosciuti e già i nostri colleghi di Iab a livello internazionale si stanno muovendo in questa direzione».
Ancora presto per sapere come Iab offrirà la misurazione agli associati e se sarà disponibile anche per chi non è associato.
Per quanto riguarda i fornitori, per partecipare al contest le società devono avere tecnologia proprietaria adatta a questo tipo di rilevazione, avere esperienza internazionale e presenza in Italia con un team in grado di dare assistenza agli editori. Un profilo a cui rispondono quattro o cinque società di rilevazione, da comScore a Integral Ad Science, mentre resta da vedere cosa farà Nielsen che in genere per queste misurazioni si avvale di partner terzi.
Andrea Secchi, ItaliaOggi