Mattonella di fegato e uovo in raviolo. Al San Domenico di Imola un inno alla gola come 40 anni fa
Nino Bergese, «cuoco dei re e re dei cuochi», si godeva la pensione a Pieve Ligure, nel suo eremo affacciato sul mare. Erano i primi Anni 70 e un giorno gli capitò in casa un elegante raffinato funzionario di banca romagnolo, di Imola, il ragionier Gian Luigi Morini, gourmet appassionato. Nella casa di famiglia, nel cuore della città, in un secolare convento, aveva aperto un ristorante. Ci aveva messo due ragazzi, due fratelli, bravi, volonterosi, appassionati ma, anche, alle prime armi, o quasi: Valentino Marcattilii in cucina, Natale in sala. Cercava un maestro, di ricette e di modi: Bergese si lasciò convincere e insegnò a Valentino i suoi sommi piatti, a cominciare da quell’indimenticato risotto al fondo bruno, immenso piatto della grande tradizione italiana, toccato da un pizzico di inventiva e gola suntuosa. La fama pian piano si sparse. Era il 1977, l’anno più terribile dei terribili Anni di Piombo dell’Italia. Morivano gli studenti di destra e quelli di sinistra, magistrati e giornalisti, carabinieri e poliziotti. Sfidando la depressione, i ristoratori e i cuochi invitavano gli italiani ad uscire di casa: a Milano Gualtiero Marchesi, a Cassinetta di Lugagnano l’Antica osteria del Ponte, a Piacenza l’Osteria del teatro, a Firenze l’Enoteca Pinchiorri. Cesare Lanza mi fa creare la critica gastronomica per il Corriere d’Informazione, e pubblica un mio articolo. Il titolo era «Ad Imola c’è un ragioniere che vale Due Stelle». Sono tornato ora nella grande struggente piazza alberata, la sera addirittura emozionante; sono entrato come 40 anni fa in quelle salette eleganti calde intime raccolte di classe, dal servizio perfetto (a parte il ripiegare il tovagliolo, abbandonato sul tavolo dal cliente che si alza per andare alle toilette). Stessa atmosfera, stessa raffinatezza, stessa classe, gli stessi grandi piatti di un menu che è un inno alla gola: uovo in raviolo, mattonella di fegato d’oca, riso mantecato, noci di capesante, coda di astice e calamaretti, controfiletto di vitello: indimenticabili. Colazione di lavoro a 60 euro; menu medio completo alla carta 200 euro: la metà, un terzo che in Francia.