Dichiarazione di indipendenza parziale quella di ieri sera del presidente della Catalogna, che chiede il dialogo con il governo spagnolo. Ma il premier Mariano Rajoy medita una risposta dura.
Con circa un’ora di ritardo rispetto alla tabella di marcia, il presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, ha pronunciato solo a metà le parole che i suoi sostenitori avrebbero voluto sentirgli proferire: “Con il referendum, la Catalogna si è guadagnata il diritto di essere uno stato indipendente in forma di repubblica”. Allo stesso tempo, la decisione sulla proclamazione ufficiale è stata sospesa, al fine di giungere a un accordo con il governo di Madrid. Palpabile la delusione tra i catalani accorsi ad ascoltare il discorso tramite i maxi-schermi piazzati davanti alla Generalitat. Anche sul piano politico si è registrata ieri una frattura, con il CUP, la formazione di estrema sinistra che sostiene la maggioranza, a non avere firmato il documento di Puigdemont, contrariamente a Junts pel Si. La deputata Anna Gabriel parla di “opportunità persa” e i dirigenti dell’organizzazione giovanile del CUP di “tradimento inaccettabile” del presidente catalano.
Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha, subito dopo il discorso di Puigdemont, tenuto una riunione con la vice Soraya Saenz de Santamaria e il ministro della Giustizia, Rafael Catala, per valutare la risposta del governo. Successivamente, ha incontrato anche Pedro Sanchez, il segretario del Partito Socialista. Tra tutti gli schieramenti politici si registra solidarietà al governo nazionale, con l’eccezione di Podemos, il cui leader Pablo Iglesias ha invitato ieri Rajoy via Twitter a trattare con la giunta catalana, sostenendo che non sarebbe stata proclamata alcuna indipendenza.
Mercati sereni sulla Catalogna
I mercati non sembrano granché preoccupati dall’evento. Il cambio euro-dollaro stamattina viaggia poco sopra la parità a 1,18137, mentre i rendimenti decennali spagnoli ieri sera, prima del discorso di Puigdemont, chiudevano solo in lieve rialzo all’1,72% dall’1,70% della seduta precedente. La relativa calma tra gli investitori ha a che fare con la posizione di forza di Madrid, che gode del sostegno della UE, oltre che di tutti i governi europei, tra cui Francia, Germania e Italia. Per Roma, ieri ha parlato il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, che ha definito “inaccettabile” la dichiarazione di indipendenza di Barcellona.
E proprio alla UE si è rivolto nel suo discorso di ieri sera Puigdemont, sostenendo che la questione catalana la riguarderebbe e non sarebbe solo interna alla Spagna. Bruxelles ha chiarito che nel caso di indipendenza proclamata unilateralmente, la Catalogna dovrebbe uscire dalla UE. La minaccia ha spinto tutte le grandi società e banche con sede nella regione ad annunciare piani per lo spostamento della sede legale in altre aree della Spagna, incentivate dalla stessa Madrid, che si sta apprestando a varare una legge per agevolare tale processo. Anche e forse, soprattutto, per questo non vi è stata una vera dichiarazione di indipendenza a Barcellona. Tutti i leaders catalani sanno di essere isolati sul piano internazionale e che l’agognata repubblica nascerebbe senza alcun riconoscimento ufficiale, alimentando non solo tensioni politiche ed istituzionali, ma anche una fuga dei capitali e delle imprese.
La risposta di Madrid
Adesso, Rajoy ha davanti a sé diverse possibilità. Può decidere di trattare, cosa che sembra per niente intenzionato a fare, altrimenti finirebbe per legittimare le richieste e la posizione di Barcellona. E allora, si cercano gli estremi giuridici per accusare Puigdemont di “sedizione”, cosa che porterebbe in extremis persino all’arresto di Puigdemont. Il premier potrebbe fare uso di due articoli della Costituzione spagnola: il 116 gli consentirebbe di dichiarare nella regione lo stato di emergenza, con il quale arrivare persino a limitare le libertà individuali, come quella di circolare per le strade catalane. L’art.155 gli darebbe l’opportunità, invece, di sciogliere Parlamento e giunta catalani e di sostituirsi a loro, esercitando direttamente da Madrid i poteri ad oggi nelle mani delle istituzioni locali. Atti estremi, ma che da ieri sera sono diventati molto più probabili.
Giuseppe Timpone, Investireoggi.it