Il greggio cala ai minimi da oltre cinque anni e mezzo con il Wti sotto quota 60 dollari al barile e il Brent a 63 dollari. Rallenta la produzione industriale cinese. Stabile lo spread e il rendimento dei Btp. Attesa per l’occupazione nell’Eurozona. Il petrolio frena le Borse e la Grecia spaventa l’Europa MILANO – Ore 11. Il petrolio crolla sotto quota 60 dollari al barile, look ai minimi da oltre cinque anni e mezzo. La Cina rallenta e il Giappone resta in attesa del voto di domenica. Il quadro macroeconomico resta dunque nebuloso: la ripresa si vede solo negli Stati Uniti, dove la Fed potrebbe decidere di rialzare il costo del denaro già nella primavera dell’anno prossimo. Di segno opposto è invece la reazione che gli analisti si aspettano dalla Bce: dopo l’esito dell’asta Tltro di ieri gli addetti ai lavori sono convinti che Mario Draghi lancerà il quantitative easing, l’acquisto di titoli di Stato sul mercato secondario, già a gennaio.
D’altra parte in Europa la situazione resta delicata: si guarda alla Grecia, chiamata ad eleggere il presidente della Repubblica, in un voto che, però, rischia di tramutarsi in un referendum sulla leadership del premier, Antonis Samaras. Senza un’intesa, infatti, il parlamento verrebbe sciolto e il Paese tornerebbe alle urne entro fine gennaio: in testa ai sondaggi c’è la sinistra radicale di Alexis Tsipras che non chiede più l’uscita dall’euro, ma vuole rinegoziare gli aiuti dell’Ue ad Atene.
Sempre in Europa si attendono, per oggi, i dati sull’occupazione dell’Eurozona nel terzo trimestre dell’anno e quelli sulla produzione industriale: gli analisti si aspettano una stagnazione. Dall’Italia, intanto, è arrivato il dato definitivo sull’inflazione a novembre: rispetto a ottobre è calata dello 0,2%.
In Asia, come anticipato, la produzione industriale cinese ha segnato a novembre un aumento del 7,2% su anno, un poco sotto le attese, ma a settembre era cresciuta dell’8% e a ottobre del 7,7%. Segnali positivi, invece, dalle vendite al dettaglio che sono aumentate dell’11,7%.
In questo momento, però, è il petrolio il miglior indicatore della situazione economica globale: la produzione rimane stabile, ma la domanda è sempre più flebile, a dimostrazione che la ripresa è tutt’altro che solida. In particolare, il Brent continua la sua corsa al ribasso ai minimi da 5 anni e mezzo (luglio 2009) dopo aver toccato quota 63 dollari al barile; il Wti cede 53 cent a 59,41 dollari al barile dopo aver toccato quota 58,8.
E così a Milano Piazza Affari è in ribasso dell’1,4%, mentre Londra cede l’1,3%, Francoforte l’1,2% come Parigi. L’euro è in calo sul dollaro: la monete unica europea passa di mano a 1,2391 contro il dollaro. Poco mosso, invece, lo spread in area 137 punti con i Btp che rendono il 2,03%. A Parigi è sotto i riflettori il titoli Kering dopo l’addio di Frida Giannini a Gucci dopo 12 anni.
In mattinata l’indice Nikkei di Tokyo ha chiuso in rialzo dello 0,66% spinto dal buon andamento delle vendite al dettaglio Usa. La Borsa ha guadagnato 114,18 punti a 17.371,58 punti. L’indice Topix è aumentato dello 0,19% (+2,61 punti) a 1.399,65 Punti. La seduta è stata estremamente attiva con oltre 3 miliardi di titoli scambiati sul primo mercato.
Ieri sera, per la prima volta in quattro sedute, Wall Street ha chiuso in rialzo grazie alle vendite al dettaglio, a novembre balzate più delle stime. Il settore dei beni discrezionali è risultato il migliore (+0,82%). Gli indici si sono tuttavia allontanati dai massimi visti a livello intraday a causa del petrolio, sceso sotto quota 60 dollari al barile per la prima volta dal luglio 2009. Il mercato continua a valutare le implicazioni del calo del greggio: da un lato lascia nelle tasche degli americani più denaro da spendere; dall’altro riduce gli utili dei gruppi energetici, soprattutto quelli i cui ricavi dipendono dallo shale oil in usa. Alla fine l’S&P 500 ha guadagnato lo 0,45%, il Dow Jones lo 0,36% e il Nasdaq lo 0,52%.
di GIULIANO BALESTRERI, Repubblica