La cifra è superiore alla proposta dei fondi, che valorizza l’azienda tra i 4 e i 6 miliardi, e spiazza la famiglia: Marina vuole gestire il gruppo, la madre è in dubbio, gli altri puntano a vendere. L’ultimogenita vorrebbe liquidare Giuseppe e Violetta, ma non ha i mezzi per farlo
E alla fine l’Esselunga di Caprotti potrebbe parlare cinese. Nei giorni scorsi è arrivata un’offerta miliardaria per il gruppo dei supermercati da parte del colosso cinese dell’immobiliare e dell’energia Yida International Investment. Attraverso i suoi legali, il gruppo avrebbe fatto pervenire a tutti gli azionisti di Supermarkets Italiani e dell’immobiliare Villata, un’offerta a nove zeri, sotto forma di manifestazione d’interesse vincolante subordinata ad una due diligence. Si tratta di 7,5 miliardi di euro, il 25% in più del massimo della valutazione offerta lo scorso settembre dai fondi di private equity Blackstone e Cvc, che avevano valutato il gruppo, prima che venisse a mancare il fondatore Bernardo Caprotti, una cifra compresa tra 4 e 6 miliardi a seconda dell’inclusione o meno delle attività immobiliari da rilevare insieme alla gestione operativa.
L’offerta avrebbe colto di sorpresa Marina Caprotti, erede insieme alla madre Giuliana Albera, del 70% del gruppo e del 55% della società immobiliare che raggruppa alcuni dei centri commerciali affittati alla stessa Esselunga.
Contrariamente a quanto scritto dal padre Bernardo Caprotti nelle sue ultime volontà che auspicavano una vendita, Marina sembra oggi più orientata a tenere la proprietà e a continuare a gestire il gruppo in modo familiare sotto la guida di Carlo Salza e forte dei 7,54 miliardi di fatturato registrati lo scorso anno. In quest’ottica nel consiglio della società operativa è entrato come amministratore non esecutivo, anche suo marito Francesco Moncada di Paternò, affiancando la stessa Marina che è vice presidente e la suocera Giuliana che invece è presidente onorario. Moncada non era mai stato coinvolto da Bernardo nel gruppo, come del resto non lo era stata nemmeno l’ultima figlia Marina, a differenza di Giuseppe e Violetta, i figli del primo matrimonio dell’imprenditore con Giorgina Venosta.
Caprotti ha avuto buon rapporto con il genero, tanto da averlo menzionato – unico tra i parenti acquisiti – nel testamento: a Francesco “lascio la mia Bentley perché la faccia diventare veramente vintage”. Ma non ha mai voluto coinvolgerlo nella gestione del gruppo di Limito di Pioltello.
Nelle sue ultime volontà, oltre a disporre nel dettaglio di quadri, beni, ed effetti personali, Bernardo si era raccomandato con i suoi eredi di vendere l’Esselunga a un gruppo industriale internazionale, perché riteneva la sua famiglia inadeguata a portare avanti un attività molto complessa. “E’ troppo pesante condurla – scriveva nel testamento – pesantissimo possederla. Questo Paese cattolico non tollera il successo. Occorre trovarle, quando i pessimi tempi italiani fossero migliorati, una collocazione internazionale. Ahold sarebbe ideale. Mercadona no”. Nessuna menzione, ovviamente, dei compratori cinesi che invece sono spuntati.
Caprotti non solo consigliava ai suoi eredi di vendere, ma escludeva possibili soluzioni intermedie, tipo una cordata italiana, preferendo per il bene dell’azienda la cessione in blocco a un colosso estero. L’ultima riga del testamento era chiara: “attenzione: privata, italiana, soggetta ad attacchi, può diventare Coop. Questo non deve succedere”, puntualizzava l’autore di “Falce e carrello”.
L’impasse tra i due rami della famiglia ora è evidente. Da mesi, gli eredi discutono sul da farsi e mentre Marina è orientata insieme al marito ad andare avanti nella gestione – tant’è che ha deciso di ritrasferire la famiglia da Londra a Milano – la madre Giuliana, che ha vissuto per anni accanto a uomo oberato di lavoro, non sarebbe del tutto convinta. E non lo sono nemmeno Giuseppe e Violetta per tutt’altri motivi. La palla è ora in mano agli avvocati che stanno provando a trovare una soluzione di compromesso, anche perché è stato riscontrata nel testamento di Caprotti una violazione della quota di legittima, spettante per legge a Violetta e Giuseppe.
Marina è infatti orientata a liquidare i fratelli, ma esiste una grande divergenza tra l’offerta economica dei suoi advisor (tra cui Citigroup che dovrebbe organizzare il finanziamento) e la richiesta dei fratelli per la propria partecipazione del 30% in Esselunga e del 45% in Villata. Differenza che alla luce dell’offerta ricevuta da Yinda International non solo appare più che giustificata, ma rischia anche di salire ulteriormente.
A complicare le cose anche il fatto che Marina e la madre Giuliana non hanno mezzi sufficienti per liquidare Giuseppe e Violetta, né possono caricare di una simile cifra di debiti Esselunga, senza il rischio di pregiudicare l’attività del gruppo della grande distribuzione.
Il Corriere della Sera