Il rapporto sulla maternita’ pubblicato oggi da “Save The Children” dal titolo “Le equilibriste, la maternita’ tra ostacoli e visioni del futuro”, mette in evidenza che rispetto ai loro colleghi uomini, in Italia le donne vengono pagate meno, una condizione che le rende vulnerabili e a rischio di poverta’. In questo quadro, la conseguenza piu’ diretta e’ un abbassamento del livello di qualita’ della vita che spesso pregiudica scelte familiari e riproduttive. Le disparita’ salariali, i part-time, le riduzioni dell’orario di lavoro, i contratti precari sono spesso le situazioni alle quali le donne devono adattarsi per non perdere il proprio posto nel mercato del lavoro.
L’Italia, infatti, si colloca alla 27a posizione (UE 28), seguita solo dalla Grecia per quanto riguarda l’occupazione delle donne tra i 25 e i 49 anni . A livello mondiale, sul divario di genere, il nostro Paese si posiziona al 50esimo posto complessivo su 144, con una forte flessione rispetto al 2015 quando era alla 41esima posizione. Un risultato negativo che riguarda soprattutto gli indicatori relativi al mercato del lavoro e alle opportunita’ economiche per le donne che lo vedono crollare al 117esimo posto. In Italia, le donne in questa fascia d’eta’ sono occupate per il 57,9% contro il 77,9% di uomini della stessa eta’. Con l’aumentare del numero di figli, aumentano anche le possibilita’ di rimanere disoccupate. In Italia, si passa da un tasso occupazionale del 58,4% per le donne con un figlio (72,5% la media UE28), al 54,6% per quelle con due bambini (71% la media UE28) fino al 41,4% per quelle con tre o piu’ figli (54,9% la media UE28). Invece gli uomini registrano tassi occupazionali rispettivamente dell’82,1%, dell’86,7% e dell’82,9% Mentre la popolazione tende ad invecchiare, l’eta’ delle neomamme aumenta in tutta Europa. L’Italia occupa il penultimo posto, seguita solo dalla Grecia, con una media di anni al parto di 31,7 contro quella europea di 30,5 . In diminuzione nel nostro Paese le mamme sotto i 18 anni, che nel 2015 sono 1.739 contro le 1.981 dell’anno precedente. In Italia molte donne, spesso sole (anche a causa dell’aumento dei divorzi e delle separazioni ), si trovano a dover sopperire ad un welfare carente e a doversi occupare di genitori anziani e di figli piccoli in un’eta’ sempre piu’ adulta. Un trend, quello del carico della cura familiare, che passa di donna in donna come una staffetta obbligata e viene chiamato global care chain (catena della cura globale) e che vede le donne come caregivers, siano esse componenti della famiglia oppure no. Le donne italiane, a causa del loro ingresso nel mondo del lavoro e del mancato welfare a loro supporto, sono costrette a delegare altre donne spesso provenienti da Paesi economicamente meno avanzati, la cura di figli ed anziani. Queste stesse donne, sono costrette a lasciare la propria famiglia nel Paese di provenienza e a delegare a loro volta altre donne all’accudimento dei bambini o degli anziani.
Tra le buone pratiche e raccomandazioni suggerite da Save The Children ci sono gli interventi a sostegno della maternita’, della natalita’, sia inerenti al welfare che ad altri strumenti di conciliazione, fondamentali per dare modo alle donne di bilanciare la vita privata e familiare con quella lavorativa. Alcuni Paesi europei, come Svezia e Finlandia, prevedono quote di congedo parentale riservate esclusivamente alle madri e ai padri, che devono essere utilizzate obbligatoriamente, pena la perdita del diritto. In UE i padri tendono ad usufruire del congedo parentale ancora poco con medie che vanno dal 20% al 30% (in Italia si arriva al 10%). In Germania la parental allawance ha permesso al 34% dei padri tedeschi di passare a casa in media 3,1 mesi nei primi anni di vita del figlio. In Italia il congedo di paternita’ prevede solo due giorni di congedo obbligatorio piu’ altri due facoltativi. Con la Legge di Bilancio del 2017 e’ previsto un ulteriore giorno di congedo retribuito al 100% , ma molto va ancora fatto per incentivare il ruolo degli uomini nel lavoro di cura, a partire dallo sviluppo di un forte impegno a livello culturale e legislativo per aumentare il coinvolgimento dei padri nel lavoro familiare. Nella conciliazione tra vita e lavoro per le donne, ruolo fondamentale riveste l’accesso al nido e ai servizi di assistenza all’infanzia. Diversi studi evidenziano come anche lo sviluppo del bambino sia strettamente legato alla frequenza dell’asilo nido. Solo 9 paesi in UE hanno raggiunto l’obiettivo del 33% di bambini sotto i 3 anni che frequentano il nido . L’Italia e’ di poco sopra il 27% considerando il cumulo di presenze nei nidi pubblici e in quelli privati.
Mamme: sempre piu’ equilibriste, Trentino e’ ‘mother friendly’
Diventano madri sempre piu’ avanti negli anni (31,7 l’eta’ media al parto), spesso sono costrette a rinunciare al lavoro e al tempo libero a causa degli impegni familiari (l’Italia occupa il penultimo posto per tasso di occupazione femminile nell’UE a 28 Paesi) e di un welfare che non riesce a sostenere le donne che decidono di mettere al mondo un bambino. Sono i dati contenuti nel secondo rapporto “Le equilibriste: la maternita’ tra ostacoli e visioni di futuro” sulla condizione materna in Italia, diffuso oggi da Save the Children, alla vigilia della Festa della Mamma. I tre indicatori di cura, lavoro e servizi per l’infanzia della seconda edizione del Mothers’ Index (Indice della Madri) italiano sottolineano come la scelta di diventare madre nel nostro Paese possa pregiudicare la condizione sociale, professionale ed economica di una donna a seconda della regione nella quale viene messo al mondo un figlio. Dal Rapporto di Save the Children emerge infatti, come ci siano degli squilibri regionali evidenti tra le regioni del Nord, piu’ virtuose rispetto alle regioni del Sud, dove la condizione delle madri fatica a migliorare. Infatti, il Trentino-Alto Adige , anche quest’anno si conferma la regione “mother friendly” per eccellenza, seguita da Valle d’Aosta, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte. Emblematico il caso del Veneto, che rispetto allo scorso anno, sale di tre posizioni (dal nono al sesto posto). E’ la Sicilia a registrare la performance peggiore a livello nazionale, preceduta da Calabria, Puglia, Campania e Basilicata. “La condizione delle madri in Italia e’ ancora critica. Il divario tra Nord e Sud e’ drammatico e inaccettabile. Ed in ogni caso, anche nelle regioni del Nord, siamo ancora lontani da un modello virtuoso che renda la maternita’ una risorsa piuttosto che un impedimento. Serve un impegno collettivo delle istituzioni e di tutti i soggetti coinvolti per permettere alle mamme di vivere la gioia della maternita’ senza rinunciare alla propria vita professionale e sociale” dice Raffaela Milano Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, l’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare la vita dei bambini in pericolo e a promuovere i loro diritti.
Un’Italia divisa tra cura, lavoro e servizi per l’infanzia
L’Indice delle Madri di Save the Children evidenzia lo stesso divario Nord-Sud anche nelle tre aree di indicatori prese in esame per ciascuna regione: cura, lavoro e servizi per l’infanzia. Per quanto riguarda la cura un insieme di indicatori che mettono in corrispondenza i tassi di fecondita’ delle donne con la distribuzione interna del lavoro di cura del contesto familiare diviso per entrambi i partner con una occupazione, la Lombardia risulta non solo la regione piu’ virtuosa, ma anche quella che, assieme ad Umbria (9) e Calabria (17) ha ottenuto un forte miglioramento dovuto soprattutto ad un abbassamento significativo dell’indice di asimmetria (distribuzione della cura e del lavoro familiare tra donne e uomini). La Sicilia, fanalino di coda della classifica generale stilata da Save the Children, mostra segni di miglioramento esclusivamente per quanto riguarda l’area della cura, per la quale occupa una posizione intermedia (12). I dati sull’impiego femminile rispecchiano a grandi linee l’indice generale di Save the Children, con Trentino-Alto Adige (1), Valle d’Aosta (2), Emilia-Romagna (3) e Lombardia (4) rispettivamente alle prime posizioni; questo mostra come anche nelle regioni dove l’occupazione femminile e’ in aumento, i territori non riescono ad essere efficaci nel colmare il divario di genere. L’area dei servizi per l’infanzia , cioe’ quell’area che monitora la competitivita’ delle regioni in base agli asili nido e ai servizi integrativi ed innovativi per la prima infanzia offerti, conferma Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige come migliori. Emblematico il caso della Toscana che, rispetto alle altre due aree di indicatori, in quella dei servizi all’infanzia si posiziona tra le prime cinque regioni virtuose. L’Emilia Romagna (9) invece, rispetto al 2016 peggiora la sua condizione sui servizi, abbassando la performance di ben tre posizioni.
Mamme: sempre piu’ equilibriste, Calabria in coda per assistenza
“La condizione delle madri in Italia e’ ancora critica. Il divario tra Nord e Sud e’ drammatico e inaccettabile. Ed in ogni caso, anche nelle regioni del Nord, siamo ancora lontani da un modello virtuoso che renda la maternita’ una risorsa piuttosto che un impedimento. Serve un impegno collettivo delle istituzioni e di tutti i soggetti coinvolti per permettere alle mamme di vivere la gioia della maternita’ senza rinunciare alla propria vita professionale e sociale” dice Raffaela Milano Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, l’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare la vita dei bambini in pericolo e a promuovere i loro diritti.
Mamme: in Italia 1 su 3 sceglie part-time ma resta penalizzata
In Italia piu’ di una donna su 3 (34,6%) usufruisce del part-time contro una media UE del 30%. Con l’aumentare del numero di figli, aumenta anche la percentuale di donne che fa ricorso a questo orario di lavoro, passando dal 36,8% delle donne con un figlio al 41,2% delle donne con due figli fino al 43,1% delle donne con tre o piu’ figli. Lo dice il secondo rapporto di Save The Children, “Le equilibriste: la maternita’ tra ostacoli e visioni di futuro” dedicato alle mamme italiane. Il part-time presenta alcuni aspetti negativi: da una parte garantisce la possibilita’ di prendersi cura dei figli, dall’altra limita la crescita professionale relegando spesso le donne a ruoli marginali o piu’ bassi rispetto agli uomini.