La Busta arancione dell’Inps offre un’idea, che spesso è troppo ottimista. I calcoli da venti a sessant’anni tenendo conto di scenari più «grigi». Con buchi lavorativi e Pil ingessato nel tempo, si rischia di perdere fino al 40% dell’assegno pubblico. Mettere via cento euro in più costa oggi un accantonamento di 40 per i giovanissimi
Tempi lunghi, previsioni difficili, conti avari. Che si abbiano venti, trenta, quaranta, cinquanta o sessant’anni la pensione è un diritto che si sposta sempre più in là e che dipende da variabili molto complesse. Alcune sono collegate alle fortune lavorative di ciascuno. Altre no. Come, per esempio, la crescita del Pil, cioè della ricchezza complessiva dell’Italia. Ma anche queste variabili non private hanno effetti altrettanto importanti sul risultato finale. Quanto è ragionevole aspettarsi allora? E che cosa si può fare se il rischio è di trovarsi con un assegno pubblico troppo esiguo?
Nei mesi scorsi l’Inps ha inviato a milioni di lavoratori italiani la «Busta arancione», che fornisce una ipotesi sull’età di pensionamento e sull’importo del vitalizio. Per questo secondo aspetto, però, i numeri dell’Istituto nazionale di previdenza si basano su scenari piuttosto ottimisti. Col rischio di indurre i destinatari a sovrastimare la futura pensione pubblica. Facciamo un esempio: un dipendente trentenne che abbia cominciato a lavorare a venti e abbia oggi una retribuzione di milleduecento euro netti al mese, secondo la statistiche della Busta avrebbe una pensione di 1.387 euro al mese, o di 1.319 se donna. Cifre, a prima vista, rassicuranti. Basterà però che una sola delle variabili in gioco non vada per il verso giusto e il risultato finale sarà ben diverso. E i 1.387 euro del dipendente, o i 1.035 dell’autonomo, nell’ipotesi peggiore potrebbero ridursi ad appena 779 euro. Poco più della metà, insomma.
Dove si può investire
La via della pensione integrativa è l’opzione sul tavolo per rimediare in parte alla prospettiva di un assegno troppo magro. Ma va intrapresa per tempo. Anche in questo caso le simulazioni mostrano, età per età, quanto costa al mese un piano previdenziale. Aggiungere cento euro netti alla rendita pubblica quando si andrà in pensione vale un accantonamento tra i 20 e i 40 euro al mese per i giovanissimi. Mentre chi ha superato i 50 deve investirne anche più di 100.
di Roberto E. Bagnoli e Giuditta Marvelli, il Corriere della Sera