Come difendersi dal pacchetto neutro no-logo voluto, anzi imposto dalla ministra della salute, Marisol Touraine (tutti dello stesso colore verde oliva, pantone 448C, nessun riferimento alla marca tranne una scritta quasi microscopica in carattere Helvetica 14, pantone grigio, ma in compenso uno strillo gigantesco sui rischi del fumo) che dal 1° gennaio di quest’anno ha cominciato a erodere le vendite?
Il governo, è vero, ha provato a dare il classico contentino, aumentando la percentuale destinata ai tabacchini dal 6,9 all’8% del prezzo del pacchetto (e facendo infuriare i produttori, le multinazionali del tabacco, la cui remunerazione è stata ridotta dall’11 al 10%).
Ma il piccolo cadeau fiscale non è bastato.
Ci vuole altro, hanno fatto sapere i 25 mila tabacchini francesi inviperiti sia con madame Touraine (che ha deciso addirittura di vietare la vendita di alcune marche, come Gauloises, Marlboro, Lucky Strike, la cui percezione nell’immaginario dei fumatori è talmente forte, talmente suggestiva da superare la barriera del pacchetto neutro) sia con il sottosegretario al bilancio Christian Eckert, che non ha voluto neanche riceverli.
E così, visto che dalla politica, a differenza che nel passato, non hanno avuto risposta (va detto che la lobby dei tabaccai, in Francia come in Italia, è stata sempre ascoltata soprattutto alla vigilia delle elezioni), i 25mila buralistes, i tabaccai francesi, hanno deciso di fare da soli.
Produrranno una loro linea di sigarette con il marchio Lcb, iniziali di La cigarette du buraliste, la sigaretta del tabaccaio. Rispetteranno, ça va sans dire, le restrizioni del pacchetto neutro ma, almeno, potranno aggirare i vincoli distributivi imposti dalle multinazionali e mettere in conto un certo aumento dei margini proprio come fanno le grandi catene della gdo con i prodotti private label.
Il meccanismo commerciale è lo stesso: produzione affidata a fornitori terzisti (in questo caso a Kt international, la società che ha rilevato l’ente nazionale tabacchi bulgaro con i suoi impianti e ora lavora per conto terzi); prezzo leggermente più basso delle sigarette più famose come Marlboro, Camel o Gauloises; spinta commerciale sul punto vendita, cioè in tabaccheria, affinchè i fumatori preferiscano le sigarette del tabaccaio.
«Non vogliamo fare dumping» si difende il presidente dei tabaccai Pascal Montredon che gestisce un bar tabacchi a Nîmes, «ma solo difenderci ed evitare di essere stritolati dalla crisi. Le tabaccherie continuano a chiudere: vittime, da un lato delle politiche antifumo dei governi, dall’altro dall’exploit del mercato parallelo, del contrabbando che rappresenta ormai un quarto del mercato francese».
Le preoccupazioni dei tabaccai sono giuste. Il mercato parallelo, alimentato anche dai circuiti che portano ai duty free, vale già 17 miliardi di euro e lo Stato non sembra in grado di arginarlo. Però c’è da chiedersi, come fanno notare al ministero delle finanze, se la scelta del private label, della sigaretta del tabaccaio, sia la risposta più efficace o se, al contrario, non rischia di aprire un altro fronte di guerra con le multinazionali del tabacco.
Le quali, infatti, stanno già preparando i ricorsi all’Autorità per la concorrenza perché è evidente, secondo loro, che i tabacchini spingeranno la vendita delle loro sigarette (a 6,6 euro a pacchetto) a danno delle sigarette di marca (seppure invisibile con il pacchetto neutro).
Insomma, concorrenza sleale. Se non peggio, dicono le multinazionali che denunciano anche il paradosso di un ministero della salute che impone il pacchetto neutro e poi autorizza La cigarette du buraliste che, per quanto rispetti le regole del no logo, ha una attrattività commerciale pari se non superiore alle marche storiche del fumo. Risultato: tutti contro tutti nella guerra all’ultima sigaretta.
di Giuseppe Corsentino, Italia Oggi