Il produttore italiano punta ad arrivare alla vendita di quattro milioni di pezzi nel giro di tre anni. Intesa con la Meiling, colosso da 1,4 miliardi che esporterà in Europa i suoi frigoriferi. Il futuro è degli elettrodomestici “intelligenti”
Le lavatrici italiane alla conquista del mercato cinese. La Candy ha appena siglato con la cinese Meiling un accordo per la costituzione di una joint venture, con l’obiettivo di arrivare entro i prossimi tre anni alla vendita di quattro milioni di lavatrici a carica frontale, il modello inventato dalla multinazionale italiana e che si è affermato in tutto il mondo come il più vantaggioso. Mentre la Candy importerà in Europa frigoriferi prodotti dal partner cinese, leader nel settore non solo in ambito nazionale: esporta infatti in 130 Paesi, e nel 2015 ha messo a segno un fatturato di 1,4 miliardi di euro.
“In Cina si vendono ogni anno 40 milioni di lavatrici – spiega Beppe Fumagalli, amministratore delegato di Candy Group dal 2014, nipote di Eden Fumagalli, fondatore dell’azienda che nel 1945 produsse la Modello 50, la prima lavabiancheria italiana – Di queste solo 12 milioni sono “frontali”, con l’asse orizzontale; tutte le altre sono con l’asse verticale e carica dall’alto, il modello più diffuso in Cina perché più economico, importato dal Giappone. Presenta diversi problemi: non ha la resistenza, e dunque per il lavaggio utilizza solo l’acqua a temperatura ambiente, consuma moltissima acqua e la biancheria non viene strizzata bene. Quando i cinesi si sono accorti che spendendo il doppio potevano avere una lavatrice molto più efficiente, visto che per tradizione tengono molto alla pulizia, hanno cominciato a produrle e ad acquistarle, copiando come potevano la tecnologia italiana. Negli anni ’90 se ne vedevano pochissime, il mercato cinese ha cominciato a svilupparsi all’inizio del 2000, noi siamo arrivati nel 2006 e dal 2007 abbiamo attivato nello stabilimento di Jinling la produzione delle prime lavatrici, che però inizialmente hanno seguito il modello più diffuso in Cina, cioè quello a carica verticale”.
Nel 2012 la Candy ha inagurato il nuovo stabilimento di Jinling, investendo 500 milioni e spingendo sempre di più la produzione delle lavatrici di tipo italiano. E adesso questa è diventata la scommessa dei prossimi tre anni, con l’aiuto dei nuovi partner che mettono a disposizione della joint venture una rete commerciale di tutto rispetto: 20.000 dei propri 33.000 punti vendita diffusi in tutto il Paese. “Finora le nostre lavatrici a marchio Jinling e Candy avevano un mercato concentrato soprattutto nella regione del Guandong, nel Sud della Cina – dice Fumagalli – adesso possiamo aspirare a una vendita molto più diffusa, raddoppiando nei prossimi tre anni il nostro fatturato locale, che dovrebbe passare a 60 milioni di euro”. A proposito di fatturato, Candy ha messo a segno nel 2016 entrate globali che superano il miliardo di euro, una cifra che permette di ritornare al fatturato precrisi del 2007.
“I consumatori cinesi apprezzeranno sicuramente i modelli di lavatrici di Candy – dice Li Wei, presidente di Hefei Meiling – per tutti i vantaggi che offre il modello di apertura frontale, il design, la tecnologia. Da parte nostra, offriamo un’ampia gamma di frigoriferi, compresi quelli “intelligenti” di nuova generazione, e una vasta rete di vendita. Mentre grazie a Candy contiamo di accelerare la nostra penetrazione in Europa”. Meiling ha investito molto nella linea di prodotti intelligenti CHiQ: i frigoriferi possono essere controllati a distanza, per verificare quali prodotti ci siano, quali in buone condizioni e quali siano invece andati a male. Sugli elettrodomestici intelligenti punterà decisamente nei prossimi anni anche l’unica fabbrica Candy in Italia, quella di Brugherio (in Brianza) che con i suoi circa 500 dipendenti si dedicherà principalmente alla ricerca e allo sviluppo di prodotti 4.0, in linea con la gamma simply-Fi, avviata nel 2014, elettrodomestici connessi tramite Wi-Fi, anche con tecnologia NFC (che permette di impartire i comandi con lo smartphone).
ROSARIA AMATO, La Repubblica