Il comunicato recita: “Il Vice Presidente, Primo Ministro e Regnante di Dubai, Sua Altezza Sheikh Mohamed bin Rashid Al Maktoum, e il Principe Reale di Abu Dhabi e Vice Comandante Supremo delle Forze Armate degli Emirati Arabi Uniti, Sua Altezza Sheikh Mohamed bin Zayed Al Nahyan, hanno oggi svelato il progetto ‘Mars 2117’ che mira nella fase finale a stabilire il primo insediamento umano abitabile su Marte entro il 2117”.
La nota stampa è stata emessa nel giorno di San Valentino—una Festa poco islamica—e all’ombra dei cuori e delle rose è stata perlopiù ignorata in Occidente. Comunque, sì, gli arabi del Golfo intendono colonizzare il pianeta rosso, e ad essere i primi a farlo. Non viene spontaneo associare gli Emirati alla conquista dello spazio, in parte perché la martellante propaganda relativa ai paesi islamici in genere—da tutti gli attori in causa—tende a privilegiare l’aspetto “selvaggi sanguinari” rispetto al tema della tecnologia futuristica. Forse è il caso di citare la costruzione a Dubai del primo grattacielo rotante—il Dynamic Tower—ottanta piani dove gli appartamenti roteano di 360° ogni giorno per offrire un panorama sempre nuovo. Oppure l’arcipelago artificiale di Palm Jebel Ali, una serie di isole organizzate nella forma di una frondosa palma per ottimizzare la disponibilità di lotti “fronte mare”. Gli Emirati possono permettersi tanta grandiosità perché hanno molti soldi—il fondo sovrano di Dubai gestirebbe un patrimonio di 500 miliardi di dollari, l’Abu Dhabi Investment Authority di quasi $800 mld—e sanno che il petrolio non durerà per sempre.
I sette emirati federati nell’UAE—Abu Dhabi, Ajman, Dubai, Fujaira, Ras al-Khaima, Sharja e Umm alQaywayn—non hanno fretta. Come suggerisce il nome del progetto, Mars 2117, si sono dati un secolo per conquistare il pianeta. Ci sono dei concorrenti, l’imprenditore privato Elon Musk con la sua SpaceX e la Nasa americana, che prevedono invece di sbarcare sul pianeta rosso nei prossimi due o tre decenni.
Non sfugge però che, ora come ora, i due non abbiano i mezzi finanziari per farlo.
Il piano arabo prevede di mandare prossimamente una sonda sperimentale su Marte allo scopo di meglio saggiare l’atmosfera del pianeta e dare inizio al processo che deciderà dove situare la nuova città destinata ad accogliere i primi abitanti terrestri. La futura capitale marziana dovrebbe essere costruita dai robot con materiali reperibili in loco. Naturalmente, resta ancora qualche dettaglio da chiarire, ma gli architetti hanno già prodotto le prime, futuristiche, bozze…
Se l’ambizioso progetto deve davvero andare avanti—con gli uni che hanno i soldi, ma non la tecnologia, mentre per Mr. Musk e la Nasa la situazione si rovescia—è probabilmente inevitabile che emerga qualche ipotesi di partenariato. Nell’evento, ci sarebbe da tenere a mente due cose: una, come ricorda la saggezza popolare, che “comanda chi ci mette la grana”; l’altra che l’estensione del Golfo Persico dove oggi sono situati gli Emirati era storicamente conosciuta come la “Costa dei Pirati”.
O meglio, come ha detto lo Sceicco Mohamed bin Zayed nell’illustrare il progetto: “È un seme che piantiamo oggi, e possiamo attenderci che saranno le generazioni future a coglierne i benefici, spinte dalla passione di imparare e di svelare nuove conoscenze”.
James Hansen