Da che parte cominciare? Una domanda che chiunque si è posto. Dal drammaturgo al più umile addetto alle pulizie, chiedersi come e da dove iniziare e’ il primo pensiero: in primis. Il modo in cui si parte, sovente necessita di ragionamento e ponderatezza, ma al contempo può essere conseguenza di una scelta scontata, dovuta. Dovuta nel senso che l’esperienza, la competenza e il buonsenso, non contemplano altra possibilità: la cosiddetta scelta
obbligata, che alcuna alternativa permette e le circostanze obbligano a seguire. Differentemente, qualora si percorra altra via, le conseguenze della scelta scomposta, sono frutto della volontà di non prevenire. Ovviamente le questioni dalla soluzione problematica, sono più complicate da districare, le opzioni aumentano e nulla è immediatamente chiaro. Ciò non significa, al contempo, che vicende di evidente rilievo, siano necessariamente ed implicitamente difficoltose per definizione. Se un grande macigno ci sta crollando addosso e lo avvistiamo in tempo, basta spostarsi per evitarlo, di converso, se un piccolo sasso ci viene lanciato con impetuosa forza contro, il tempismo con cui si tenta di scansarlo è decisivo. Affrontare quel che ci si presenta come prevedibile è, banalmente, meno impegnativo del ritrovarsi dinnanzi a situazioni imprevedibili. Ne deriva che prevedibilità ed imprevedibilità, distinguono ”in primis” ciò che possiamo affrontare in tempo, da ciò che impone, per emergenza e urgenza, ben altre attenzioni. Quindi? Detto questo? Tutto lapalissiano? Ahimè no. Purtroppo quel che in definitiva altro non rivela che buon senso, non vale per il ”sistema” Paese. In Italia l’irrisolvibile ha radici lontane: la mafia, la corruzione, l’evasione fiscale, il trasformismo politico, il nepotismo, e se si volesse dirle tutte una pagina intera non basterebbe. Nell’attesa di statisti illuminati con l’animo dedito all’irrisolvibile – illusoria speranza – un consiglio mi permetto di dare al ”sistema”. Nello specifico più a chi lo governa, che a chi ne è meschinamente coinvolto. Da sempre, e in modo particolare negli ultimi decenni, zone e popolazioni italiane sono martoriate da disastrosi eventi naturali. È prevedibile che prima o poi riaccada. Meno prevedibile intuire in quale spazio e tempo – dove e quando – ma, con ragionevole probabilità, riaccadrà. Quindi? Quindi come è possibile che parte dei problemi e disagi che notoriamente affliggono i terremotati, non ci trovino pronti immediatamente? Prefabbricati, tende, container, coperte, generi alimentari, farmaci, per quale inspiegabile arcano non arrivano in poche ore? Tutto quello che si sa essere indispensabile da subito ai malcapitati, deve essere celermente reperibile. Non è ammissibile vedere quel che abitualmente accade. Disperati condannati ad un’ulteriore e angosciante disgrazia: l’attesa, che talvolta strugge rivelandosi attesa del nulla. Giorni e notti in cui i minuti si contano tra lacrime e disperazione, aspettando quel che non dovrebbero in uno Stato civile. Il loro diritto alla speranza viene calpestato, e poche energie restano a loro per poterlo rivendicare. Se non ci si trova allerta, non si è adeguati, si è responsabili: era tutto previsto, alcuni perdano il sonno a questo pensiero, altri hanno perso la vita.
di Ettore Martinelli