Dopo il sì della Consulta ai referendum su voucher e appalti e lo stop al quesito sui licenziamenti illegittimi Camusso parla di “scelta politica”. Nel Pd si tira un sospiro di sollievo. In attesa della prossima decisione dei supremi giudici: la legge elettorale
La leader Cgil Susanna Camusso denuncia irata la “scelta politica” e le “pressioni senza precedenti” sul (bocciato) quesito relativo all’articolo 18 e si dice pronta a ricorrere alla Corte europea, ma la decisione della Consulta di ritenere ammissibili gli altri due quesiti ( voucher e responsabilità in solido nella catena degli appalti) presentati dal sindacato di corso d’Italia contro le modifiche introdotte dal renziano Jobs act, è la migliore garanzia per il mantenimento degli equilibri successivi alla fine del governo Renzi.
Il principale sindacato italiano mostra di poter contare, si allontanano le elezioni, si allontanano ulteriori sconvolgenti cambi di prospettiva. Per lo meno, fino al prossimo attesissimo step: la pronuncia del 24 gennaio sull’Italicum. Alla Camera dei deputati, dove si ricomincia giusto adesso a votare in seduta comune per eleggere un giudice della Corte Costituzionale, è uno sfilare di sorrisi e improvviso sollievo, soprattutto dalle parti del Pd.
Cosa accadrà adesso? Sembra già segnata la strada di modificare la normativa nel senso richiesto dai quesiti referendari, svuotandoli di fatto di senso ancor prima che si celebrino (in caso di modifiche della normativa, è però l’ufficio centrale per i referendum della Cassazione a decidere se rinunciare o meno alla consultazione).
Non è detto che questo basti, comunque, mentre il governo ribadisce con Poletti la volontà di ridurre l’utilizzo improprio dei voucher, in commissione Lavoro alla Camera riprende l’esame delle proposte di legge sui voucher, compresa quella del Pd (100 firmatari) che vuole il ritorno alla legge Biagi (limitando l’uso ai soli lavori occasionali), e sempre il Pd deposita una proposta di legge sugli appalti, che prevede una tutela solidale sia per le retribuzioni che per i contributi.
La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il quesito proposto dalla Cgil che proponeva la cancellazione delle norme del Jobs act in materia di licenziamenti illegittimi. Via libera invece a quelli sui voucher e sulla responsabilità in solido appaltante-appaltatore
A l’una e l’altra ci pensa il presidente della commissione Lavoro, l’ex ministro Cesare Damiano, che sottolinea: “I problemi sollevati dai referendum sul lavoro comunque affrontati perché evidenziano alcune criticità: l’abuso dei voucher, la tutela dei lavoratori nella catena degli appalti e la crescita, dopo il Jobs Act, dei licenziamenti per motivi disciplinari. Tocca ora alla politica intervenire, indipendentemente dalla tenuta dei referendum”, dice.
Ne è convinta anche la minoranza Pd. Pier Luigi Bersani dice però nemmeno troppo velatamente che governo e Parlamento dovranno intervenire in qualche modo anche sulla normativa per i licenziamenti: “Se non sull’articolo 18, almeno sul 17, 17 e mezzo”, scherza l’ex segretario Pd ricordando come il lavoro precarizzato sia una zavorra insostenibile per il rilancio dell’economia.
Dall’edilizia all’agricoltura fino al commercio. Doveva essere solo un modo per far emergere il nero, è diventato un odioso sistema di sfruttamento. Il popolo dei buoni-lavoro è cresciuto a dismisura: più 27mila per cento in soli 8 anni. Oltre 145 milioni di tagliandi sono stati venduti nel 2016. Creando una nuova classe sociale
“Avrei cambiato anche la normativa sull’articolo 18, ma visto l’orientamento del governo non credo accadrà”, aggiunge sornione Gianni Cuperlo. Le modifiche dei buoni lavoro non bastano però alla Cgil, che torna a chiederne la completa abolizione: “Abbiamo sentito il ministro Poletti dire che vanno portati dei correttivi alla normativa, ma si tratta di uno strumento malato, bisogna avere il coraggio di azzerarlo”, dice Camusso. Che assicura: “La battaglia sull’articolo 18 andrà avanti”.
Susanna Turco, l’Espresso