Il Mise propone alle parti una proroga della vertenza al 31 marzo 2017 e un congelamento dei 2511 licenziamenti, in attesa di trovare un accordo sul recupero di produttività e sul contenimento del costo del lavoro
Ancora tre mesi di tempo per la vertenza di Almaviva. Sindacati e azienda hanno accettato il secondo tentativo di mediazione del governo, lanciato in extremis per evitare 2511 licenziamenti, dopo la bocciatura del lodo proposto due giorni fa. Il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e il viceministro Teresa Bellanova chiedono ad azienda e sindacati di proseguire con il confronto per altri tre mesi, fino al 31 marzo 2017. Per contenere i costi (che per Almaviva sono ormai più che pesanti, circa due milioni al mese in media di perdite) si può far ricorso provvisoriamente alle uscite volontarie e soprattutto agli ammortizzatori sociali (in sostanza si tratterebbe della cassa integrazione).
I tre mesi di proroga della chiusura della vertenza servono per dare il tempo alle parti, lontanissime nonostante mesi di colloqui serrati al tavolo del Mise, di “individuare soluzioni in tema di recupero di efficienza e produttività in grado di allineare le sedi di Roma e Napoli alle altre sedi aziendali” e “interventi temporanei sul costo del lavoro”. Interventi strutturali, dunque: il riferimento è a una proposta lanciata alcuni mesi fa da Almaviva Contact ma fortemente criticata dai sindacati, e poi ritirata, che prevedeva un congelamento degli scatti di anzianità e una parziale temporanea riduzione delle retribuzioni.
Gli ammortizzatori sociali verranno finanziati dal fondo di 30 milioni previsto dalla legge di Bilancio (che però è stato stanziato a sostegno di tutto il comparto dei call center, dunque Almaviva Contact potrà utilizzarne solo una parte). Il governo ha dato ampie assicurazioni che “proseguirà l’azione di vigilanza e sanzione come rafforzata dalla legge di bilancio appena approvata con l’obiettivo di disincentivare la delocalizzazione”. E’ infatti la delocalizzazione in Paesi extracomunitari, con un costo del lavoro straordinariamente basso, ad aver danneggiato aziende che, come Almaviva, si erano impegnate al pieno rispetto dei contratti collettivi e delle norme sul lavoro.
La proposta ha incontrato l’immediato favore dei sindacati, che mostrano di apprezzare il forte coinvolgimento del governo e i ripetuti tentativi di evitare i licenziamenti collettivi: “La proposta del governo di farsi garante per il proseguimento del confronto tra Almaviva ed i sindacati è un fatto indubbiamente importante – commenta la segretaria della Cisl Annamaria Furlan – che prelude ad una assunzione di responsabilità nelle prossime settimane di tutte le parti per rilanciare il settore dei call center nel nostro paese e salvaguardare migliaia di posti di lavoro in importanti realtà metropolitane. Va dato atto al ministro Calenda ed alla vice ministra Bellanova di aver fatto ogni sforzo per individuare e garantire un percorso negoziale che possa dare certezze e stabilità a questo settore, in un momento difficile della vita economica e sociale del paese per la quale è necessario ricercare la massima coesione sociale”.
I sindacati chiedono però chiedono anche che il ministero dello Sviluppo assicuri nei prossimi tre mesi “una costante e fattiva presenza”, garantendo “la correttezza del percorso, l’effettività del negoziato e la coerenza dei comportamenti delle parti”. “Infine, – si legge in una nota – chiedono al ministro di vigilare affinché non prosegua il trasferimento di attività di Almaviva dai siti italiani a quelli esteri, anche se comunitari, in quanto un simile comportamento falserebbe e minerebbe la credibilità stessa del negoziato”.
Successivamente la proposta è stata anche illustrata all’azienda, che l’ha accolta, si legge in un comunicato, “condividendone le finalità e le linee guida, in quanto impegna le parti ad affrontare in termini strutturali le misure per il recupero di efficienza e produttività aziendale e per la conseguente messa in sicurezza della società.
Queste misure, in linea con le indicazioni concrete fornite dal governo e in presenza del suo alto ruolo di garanzia, vanno accompagnate da ammortizzatori sociali adeguati e dovranno essere correttamente definite in un accordo da concludere entro il 31 marzo 2017”.
di Rosaria Amato, La Repubblica