Pioli è in gamba, ma non abbastanza da gestire le bizze di una rosa di campioni (o presunti tali). Non è il caso di rischiare con altri stranieri come Villas Boas o Blanc. Ai nerazzurri, deboli anche a livello societario, serve un leader alla Don Fabio
L’unico allenatore al mondo che possa risolvere oggi l’orribile crisi dell’inter è Fabio Capello. So bene che i consigli non richiesti provocano, quasi sempre, fastidio o, peggio, indifferenza. Generosamente tuttavia regalo la mia opinione ai vertici (ma ci sono? e chi sono? chi decide?) dell’Inter, che hanno già commesso un ultimo, empio errore: l’esonero di Frank De Boer é ormai determinato, ma il nome del sostituto non ancora annunciato.
E questa (per me, incomprensibile) incertezza rende ancora più equivoca la condizione di crisi dell’Inter: all’origine non ci sono solo le evidenti responsabilità del tecnico olandese, ma anche quelle, prioritarie, della proprietà cinese e dei dirigenti. In attesa della fumata bianca dalla Cina, per la sostituzione di De Boer circolano con insistenza molti altri nomi: gli italiani Stefano Pioli (tutti dicono che sia favoritissimo, anzi quasi certo e Francesco Guidolin, e gli stranieri Villas Boas, Bielsa, Blanc, Hiddink. Assumere un allenatore straniero, dopo il crack di De Boer, significherebbe sfidare la fortuna una seconda volta al tavolo verde del campionato: fondamentali sono alcune lacune, come la scarsa conoscenza del torneo italiano e l’ignoranza delle tattiche e degli estremi tatticismi che esaltano le insidie di qualsiasi modesto avversario, solo teoricamente superabile senza problemi. Oltre a Capello, vedo solo, eventualmente, Leonardo: uno che parla cinque lingue (quindi in grado di dialogare con tutta la legione straniera nerazzurra, ha carisma e nell’Inter è già stato, cavandosela discretamente, in condizioni difficili. Quanto ai due italiani – Pioli, probabile prescelto, e Guidolin, che sembra già bruciato – sono certamente ottimi allenatori, preziosi per squadre di classifica medio alta. Non hanno però l’autorevolezza per imporsi in club affollati da capricciosi campioni, veri e presunti, sotto l’assedio quotidiano di decine di cronisti affamati di polemiche e retroscena. Già si vide, nell’Inter, l’ingiusta fine di Gasperini, certamente più bravo di Pioli e Guidolin, ma egualmente «vergine» per le pretese di un grande club. Conosco bene invece Capello, fin dalla metà degli anni sessanta, quando arrivò alla Roma dalla Spal per una cifra consistente, quasi trecento milioni, predestinato come un autentico condottiero. Fabio era un ragazzo, poco più che ventenne, eppure era subito diventato il «capo». Seguivo gli allenamenti della Roma e alcune trasferte in treni scalcagnati e autobus ansimanti, era proprio un altro calcio ! L’allenatore era don Oronzo Pugliese e io trasecolavo nel vedere che nessuno osava contraddire il bocia. Nonostante l’ambiente fosse quello che conosciamo, ad esempio un certo Aldo Biscardi lo prendeva in giro, sostenendo che Capello corresse col sedere basso e la schiena rigida (cosa vera, ma non determinante). Fabio, come giocatore e allenatore, ha vinto tutto ciò che si possa vincere: scudetti con Milan Roma e Juventus, coppe Italia, Champions League, la liga con il Real Madrid... Ha allenato la Nazionale inglese e quella russa. Ha segnato a Wembley quel memorabile gol con cui la nostra Nazionale per la prima volta riuscì a battere l’Inghilterra. Ha quel temperamento saggio, paziente e tosto che oggi è indispensabile nell’Inter. Non a caso Massimo Moratti già nel 2010 voleva ingaggiarlo. Ha autorevolezza ed esperienze infinite. Non ha esitato a mettersi «contro» tipini come Benzema, Del Piero, Cassano… E si dimise dalla Nazionale inglese in conflitto con la decisione della federazione britannica, che volle punire John Terry togliendogli la fascia di capitano, per un controverso caso di razzismo. Ma, credetemi, alla fine della fiera i casi sono due. Se l’Inter vuole tenere calda la panchina per Simeone, agognato da Xavier Zanetti, allora vanno bene Pioli o Guidolin o chiunque altro, per gestire un campionato di transizione, con tutti i rischi conseguenti. Per me sarebbe un errore grossolano. Oppure si ha l’ambizione di ottenere risultati subito e allora Capello è il nome giusto. Diffìcile convincerlo, lo so, e dargli garanzie indispensabili. Ma il punto é: cosa vuole fare la Cina, quanto può incidere ancora Massimo Moratti?
di Cesare Lanza, La Verità