Il Gup Elisabetta Mayer ha accolto l’accordo raggiunto tra la procura di Milano e i legali di Cupertino che a fine dicembre aveva versato 318 milioni di euro nella casse dell’Agenzia delle Entrate per avere eluso circa 800 milioni di imposte
Sei mesi di reclusione, pena sospesa e tramutata in una multa da 45 mila euro. Potrebbe essersi chiusa ufficialmente ieri la partita penale tra Apple e la giustizia italiana. Dopo aver versato a fine dicembre 318 milioni di euro nelle casse dell’Agenzia delle entrate, ieri è arrivata la condanna attraverso il patteggiamento del manager Micheal O’Sullivan, legale rappresentante della Apple Sales Internazional, con sede in Irlanda.
A sancire il patteggiamento il Gup Elisabetta Mayer, che ha accolto l’accordo raggiunto tra il pm di Milano, Adriano Scudieri e i legali di Apple, Paola Severino e Fabio Cagnola. “Apple – secondo la ricostruzione della procura – ha omesso di dichiarare in Italia, i redditi realizzati sul territorio nazionale da una stabile organizzazione occulta, creata all’interno della Apple Italia“. Dal 2009 al 2014, avrebbe eluso le tasse per una cifra di poco superiore agli 800 milioni, sfruttando la fiscalità più favorevole in Irlanda. In modo da “asservirsi agli interessi economici del gruppo multinazionale Apple inc.”.
Ma perché, di fronte a una così rilevante è stabile evasione, si è concesso il patteggiato? Al quesito risponde Scudieri, sottolineando come “Apple abbia avviato una procedura di definizione a livello amministrativo, conclusasi con le Entrate con un accordo preventivo per regolare il trattamento per le attività future, previa ristrutturazione aziendale”. In pratica, Apple ha sanato tutto il pregresso e si è impegnata anche a non infrangere più la legge per il futuro. La condanna per O’Sullivan, potrebbe come detto essere l’unica per i manager del colosso di Cupertino. Scudieri, infatti, ha anche chiesto l’archiviazione per gli altri due manager indagati della medesima accusa di omessa dichiarazione dei redditi. I due responsabili di Apple Italia, Mauro Cardaio ed Enzo Biagini, secondo la procura, si sarebbero solo mossi “all’interno del modello di organizzazione del gruppo”.
I grattacapi con il fisco per la società fondata da Steve Jobs, non riguardano solo l’Italia, che su questo tema e stata una vera e propria apripista. In Gran Bretagna e Francia, le controllate da Apple avrebbero utilizzato i medesimi meccanismi per ottenere sconti fiscali. La stessa Unione europea, poche settimane fa, ha dichiarato guerra ad Apple e ad altre grandi multinazionali, imponendo paletti e multe salatissime. Alla procura di Milano, dopo Apple, si conta di chiudere contenziosi a cifre simili, anche con Google. Ormai da più di tre mesi, i legali della società americana, sono al lavoro con l’Agenzia delle entrate per trovare un accordo e chiudere i conti con il fisco italiano.
Repubblica