La squadra di Spalletti conquista sul campo il ruolo di antagonista dei bianconeri. I campioni ci sono, ma spogliatoio agitato e allenatore divisivo sono un problema
di CESARE LANZA
Chi è l’anti Juve? La risposta al momento è limpida: la pazza, imprevedibile Roma. Il match esterno – insidioso – con il Napoli doveva rispondere a questo interrogativo, e così è stato, ma resta vero il dubbio di fondo sull’incostanza, le bizzarrie e le contraddizioni della squadra capitolina. Il successo romanista è stato curiosamente preceduto da scambi di complimenti, tanto mielosi quanto inevitabilmente di facciata, tra i due allenatori, Maurizio Sarri e Luciano Spalletti. L’elegante ipocrisia mi ha fatto sorridere: tutti e due infatti sono convinti di aver inventato il calcio, quanto meno di averlo rinnovato, con stupefacenti invenzioni. Il più sfrontato e insopportabile è Spalletti: quando perde o comunque quando le cose vanno male, le colpe sono sempre degli altri, mai sue. E con un sorrisetto ironico, in conferenze stampa che vorrebbero essere lectio magistralis e invece sono noiosissime per la ripetitività, spiega perché, autoassolvendosi sempre. Risultato: uno spogliatoio bollente: ironie, insofferenze, malcontento esplicito o latente. Che si aggiungono alle solite notti brave, a dar retta a certi chiacchiericci. Il rivale Sarri è forse anche più tosto, ugualmente sicuro di sé, ma con ingenue e grossolane esibizioni: Mancini sbeffeggiato come omosessuale, anzi popolarescamente «frocio», gli arbitri responsabili di alcune sconfitte, il suo presidente De Laurentiis colpevole di non difendere la squadra da pessimi arbitraggi e altre vere o presunte soper La Roma in teoria è l’anti Juve In pratica però è troppo matta chierie, e di aver lasciato andare Higuain. Rispetto a Spalletti, più scaltro e mellifluo, Sarri può vantare di essere forse l’unico (oltre Sacchi nel Milan) ad essere passato con successo dalla gavetta di squadre minori all’avvento felice in un grande club, senza complessi verso campioni famosi. Dunque, alla vigilia Spalletti aveva detto che Sarri è un fenomeno e il Napoli gioca il miglior calcio del campionato. Sarri aveva replicato che Spalletti è grandissimo e le ripartenza della Roma micidiali. Niente, o poco pochissimo di tutto questo, si è visto in campo. È stata una partita spettacolare, ma essenzialmente tattica, senza lampi di genio. Il Napoli faceva una morbida partita d’attacco, la Roma partiva ogni tanto in contropiede resistibili. Il gol di Dzeko è stato determinato da un errore marchiano di Koulibaly, difensore senegalese abitualmente irreprensibile. Il secondo, ancora di Dzeko, da un calcio piazzato. I limiti delle due squadre erano evidenti: il Napoli non poteva non lasciar andare Higuain, pagato dalla Juventus con arrogante munificenza. Ma il sostituto, Milik, per l’incidente più temuto dai calciatori (lesione ai crociati) starà fuori non meno di cento giorni. Gabbiadini non è che un bravo figlio alla ricerca di una identità: punta, mezza punta 0 esterno sulla fascia? Certo non è paragonabile a Higuain, che comunque nella Juventus non arriverà al l’eccellenza dei risultati napoletani. Il bel gioco del Napoli tuttavia non basta, anzi è noioso e prevedibile, spesso afflitto da errori elementari al momento dell’ultimo passaggio 0 del tiro. Callejon ieri non ha toccato biglia, Insigne ha perso la verve da quando ha deciso di tingersi i capelli di giallo. L’impianto è incentrato su ottimi giocatori, il migliore è Hsmsik, ma quasi nessuno ha la cattiveria, la voglia di vincere dei campioni juventini, e neanche inventiva e fantasia. Non a caso ieri il gol del Napoli è stato propiziato, su calcio d’angolo, da un portiere che ha rinunciato a uscire sull’incornata dell’aitante Koulibaly (alto 1.9 , desideroso sotto rete di farsi perdonare la cazzata, scriteriata e decisiva, commessa contro Salah alla fine del primo tempo. E la Roma? Se non avesse buttato punti in maniera ingiustificabile fino ad oggi, sarebbe al vertice con la Juventus, scalino più 0 scalino meno. Presto per dire che possa reggere il passo di una squadra ricca e forte, unanimemente considerata insuperabile. I giocatori ci sono, la squadra no e l’allenatore è divisivo. Non ci saranno problemi solo se otterrà impresa possibile – una lunga sequenza di successi. I campioni in teoria e sul campo assolutamente affidabili sono addirittura dieci: Szczesny, Manolas, Florenzi, Peres, Paredes, De Rossi, Strootman, Salah, Nainggolan e Perotti. E neanche ci metto El Shaarawy e Iturbe. La difesa migliora e Rudiger sta per tornare. Poi c’è Dzeko: se davvero la smettesse di mangiarsi anche i gol, oltre all’amatriciana e alla carbonara che tanto gli piacciono… Infine Totti: se Spalletti si convincesse sinceramente che il divino Francesco è una risorsa e non una imbarazzante presenza… Quanti «se»! Ancora: se la dolce vita romana non mettesse in tentazione alcuni campioni desiderosi di godersi soprattutto una beata gioventù. Se, se, se… E, soprattutto, se la Juve tornasse umana!
di Cesare Lanza, La Verità