Le esportazioni della Cina in dollari sono crollate a settembre, visto che la domanda di beni della seconda economia mondiale resta debole. Nel dettaglio, l’export è sceso del 10% su base annua rispetto al -2,8% di agosto, deludendo le attese del consenso che si aspettavano un calo in misura minore (-3,2%). Inoltre si tratta del sesto mese consecutivo di ribasso. Tanto è bastato per provocare forti vendite sulle borse europee.
Le importazioni sono scese dell’1,9% dopo il rialzo dell’1,5% di agosto. Anche in questo caso il dato ha deluso le attese degli esperti, che avevano stimato un incremento dell’1%. Di conseguenza la bilancia commerciale di Pechino si è contratta in settembre, passando dai 52,05 miliardi di dollari (47,11 mld euro) di agosto a 41,99 mld, al di sotto delle previsioni a 52,3 mld. I dati di settembre sul commercio estero sono stati deludenti soprattutto sul fronte dell’export, sottolineano gli economisti di Intesa Sanpaolo, precisando che i numeri di Pechino «ridimensionano i segnali di ripresa emersi in agosto».
Nel frattempo, sul fronte valutario, la Banca centrale cinese ha svalutato ancora una volta lo yuan nei confronti del dollaro, anche se l’ammontare del deprezzamento è inferiore rispetto a quello delle ultime sedute. Il cambio tra il biglietto verde e la valuta di Pechino è stato fissato a 6,7296, con una svalutazione del renminbi dello 0,06% rispetto a mercoledì. Dalle minute dell’ultima riunione della Federal Reserve è emerso inoltre che il Fomc, il braccio di politica monetaria dell’istituto centrale americano, è pronto ad attuare un rialzo dei tassi di interesse relativamente presto. Se così fosse, il dollaro potrebbe guadagnare ulteriore terreno rispetto ad altre monete di primo piano, come lo yuan, entrato da inizio mese nel basket di valute del Fondo monetario internazionale.
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