Di CESARE LANZA
Scommettiamo che Silvio Berlusconi avrà dalla Storia i riconoscimenti che non gli sono stati concessi fino a oggi? Ho letto (quasi) tutto ciò che è stato scritto per il suo ottantesimo compleanno. Quelli che lo hanno combattuto sono passati – credendolo finito? – a una melliflua bonarietà, per irriderne debolezze e scivoloni. Dall’odio al sarcasmo. I suoi seguaci, fedelissimi, si sono espressi con umanissimi sentimenti (bella l’intervista di Fedele Confalonieri, l’amico del cuore). I cortigiani che gli sono stati vicini per ricavarne benefici, ma pronti a tradirlo, si sono adeguati con banali ipocrisie. Io non sono berlusconiano. Nel 1978 rifiutai l’offerta del Cav di entrare nei progetti della sua neonata televisione. Poi, l’ho frequentato fino al ’94, fino al suo exploit politico. E dopo? Lui sapeva che non ero né berlusconiano né un temibile avversario e io non volevo fare a sportellate con le folle accorse in soccorso del vincitore. Fine del film. Ho mantenuto però fonti attendibili. E posso dire con certezza che Silvio oggi vorrebbe giustizia: non quella, controversa e irraggiungibile, dei tribunali. Vorrebbe essere trattato come uno statista. Impossibile, direi. Anche per me, statista non è stato: non è riuscito a imporre il suo sogno liberai. Tuttavia scommetto che gli storici, presto, non si occuperanno di lui per il bunga bunga e altre simili cazzate. No, scriveranno che è stato un personaggio cruciale per 20 anni (e forse ancora lo sarà): ha impedito, al governo o all’opposizione, che il Paese fosse dominato dalla sinistra. E questa è storia. Come sarà raccontata, con elogi 0 asprezze, non so: gli storici sono influenzati dai vincitori. E oggi non saprei scommettere su chi vincerà.
di Cesare Lanza, La Verità