Scommettiamo che Matteo Renzi sloggerà da Palazzo Chigi prima di Natale? Sì, forse è un’ipotesi – per i tempi stretti – un po’ azzardata. Ma ricordo che un anno fa uno studio autorevole di americani e italiani documentò che per smascherare un bugiardo ci vuole meno di un secondo. Tuttavia noi siamo non solo santi, poeti e navigatori, ma anche, e soprattutto, bonaccioni e creduloni. E a dar fiducia a Renzi ci siamo cascati, come dicono a Roma, con tutte le scarpe. Però due anni e mezzo di promesse e di menzogne, e di disinvolte giravolte dialettiche, ci hanno a poco a poco logorato. Sì, poteva bastare un secondo, per valutare il memorabile sgambetto al predecessore Letta («Enrico stai sereno») e intuire la scarsa attendibilità, e l’astuzia da bar, dell’ambizioso Matteo. «Nella tessitura», però, «presto o tardi il pettine del telaio incontrerà tutti i nodi che in precedenza sono stati fatti nei fili rivelandone l’esistenza e costringendo a sbrogliarli… Non c’è speranza di nascondere gli errori commessi», (fonte: Urbani, che non credo sia Giuliano, ma un tessile esperto). In poche parole, i nodi vengono al pettine. Matteo, non avevi promesso di dimetterti, in caso di vittoria del no, al referendum? Poi, fiutando il vento, hai detto che scherzavi: ole! Ma la valanga di no, insieme con il pessimo autunno che sta per soffocarci, ti travolgerà. Come politico, non sei all’altezza. Di più: sei pericoloso. Come ragazzo da bar, invece, il gioco ti esalta e perciò, spero, accetterai la sfida: se perdo, e a Natale sarai ancora premier, pago io e ti spedisco un bel panettone a Rignano sull’Arno. Ma se ho visto giusto, e vinco, mi manderai tu un quintale di cantucci di Prato: niente, rispetto a tutti i danni che ci hai procurato.
di Cesare Lanza, La Verità