È stato dato ascolto ai sindacati questa volta, sull’aumento degli assegni al minimo, quelli da 500 euro al mese, che Matteo Renzi aveva caldeggiato nelle ultime settimane, si è deciso di rivedere la strategia, tradotto c’è un ‘dietro front’. Lo stop sull’assegno minimo deriva dal fatto che in buona parte dei casi quel tipo di assegno non è coperto dai contributi versati nel corso della vita lavorativa; in secondo luogo, l’intervento sulle minime, sotto forma di estensione del bonus da 80 euro o di assegno aggiuntivo, costerebbe troppo. Mentre viene considerata molto complessa e politicamente scivolosa l’idea di circoscrivere l’intervento usando il filtro dell’Isee, il cosiddetto riccometro che misura reddito e patrimonio dell’intero nucleo familiare.
Riprende invece quota l’intervento sulle quattordicesime (l’assegno di luglio per chi prende fino a 750€ mese). In sostanza, a differenze delle minime, nel calcolo dell’assegno di luglio che può arrivare fino a 500 euro tiene conto di quell’anzianità contributiva richiamata dai sindacati sin dalle origini dei vari tavoli di confronto.
Pensioni, ultim’ora: per le quattordicesime sacrificate le minime
Cosa cambierà?
L’assegno arriverà a un milione di persone in più, alzando da 750 a 1000 euro al mese l’asticella massima per averne diritto. Un piccolo aumento, non più del 20%, ci sarà anche per chi la quattordicesima la prende già. È vero che l’Inps fa osservare che il 70% della spesa per questo trattamento finisce a chi ha redditi alti grazie a entrate diverse. Ma la strada sembra ormai segnata.
Secondo l’Inps, però, l’estensione a una platea più ampia della somma aggiuntiva sulla pensione (la cosiddetta quattordicesima) potrebbe non essere il modo più equo per aumentare le pensioni più basse. È quanto emerge da una tabella dell’Inps contenuta nel documento del presidente dell’Istituto, Tito Boeri ‘Non per cassa ma per equità’, secondo la quale una parte consistente della spesa per quest’istituto non andrebbe ai beneficiare i redditi più bassi.
Questo perché il limite di reddito considerato è quello sì complessivo (e non solo pensionistico), ma “personale”. Quindi si può arrivare al paradosso di marito benestante con moglie con reddito basso che percepisce la quattordicesima.
Secondo la tabella solo il 54% della spesa per la quattordicesima viene erogata a persone che rientrano nei primi quattro scaglioni di reddito predisposti rispetto al 71% della spesa per gli assegni sociali.
Ai primi due scaglioni di reddito va solo il 30% della spesa per la quattordicesima, mentre il 70% viene spartito fra tutti gli scaglioni superiori.
Secondo i calcoli contenuti nel documento quasi 5 miliardi della spesa destinata al contrasto della povertà della popolazione anziana è rivolta a famiglie agiata comprese tra il settimo e il decimo decile di Isee.
In particolare, circa 330 milioni della spesa per la quattordicesima sono erogati a persone nella fascia dal settimo decile in poi e 3,88 miliardi per le integrazioni al minimo.
Nei giorni scorsi Tito Boeri aveva detto: “Se si vuole davvero aiutare i pensionati poveri è bene guardare al loro reddito famigliare, non al solo reddito pensionistico individuale, come fa la quattordicesima che, proprio per questo, in 7 casi su 10 va a persone che povere non sono. Il problema è che anche il marito o la moglie del percettore di un ricco vitalizio possono accedere alla quattordicesima. Meglio allora aumentare le maggiorazioni sociali, che guardano all’insieme dei redditi famigliari, o, ancora meglio, selezionare i beneficiari usando l’Isee”.
In conclusione, se l’abbandono dell’ipotesi di predisporre un aumento delle pensioni minime è stato giudicato più complicato e quindi abbandonato (al momento, non pare proprio sia meno complicato determinare la quattordicesima senza scontrarsi con la difficoltà procedurale di valutazione del reale stato di povertà del percettore. Attendiamo un successivo tavolo di confronto dopo un tavolo intermedio di consultazione tecnica.
Luca Lippi, Intelligo News