di Marta Panicucci interenational business time
Sarà interrogato venerdì prossimo dal gip di Vicenza, Vincenzo Consoli, l’ex amministratore delegato di Veneto Banca che dal 2 agosto è agli arresti domiciliari per l’inchiesta per “aggiotaggio ed ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza in relazione alla falsa rappresentazione del patrimonio di vigilanza dell’istituto”. Mentre proseguono le perquisizione della Guardia di Finanza sui computer e sui documenti continuano ad emergere dettagli sulla gestione clientelare di Veneto banca. Costretta ad un aumento di capitale sottoscritto da Atlante per l’indifferenza degli investitori, Veneto Banca è un’istituto marcio del nord est d’Italia, i cui vertici hanno cercato per anni di nascondere la disastrosa situazione dei conti. Nella sua relazione Bankitalia scrive che Veneto Banca era già compromessa nel 2013, due anni prima dell’immissione sul mercato di una nuova tranche di azioni dal valore drogato, ma con giochetti contabili e mosse truffaldine i vertici hanno tenuto nascosto la reale situazione della banca che è riuscita a presentarsi agli organi di controllo e soprattutto a clienti e investitori come una banca solida nella quale custodire i propri risparmi.
Nella lista dei beneficiari dei prestiti concessi da Veneto banca negli ultimi anni ci sono molti nomi noti. C’è Francesco Caltagirone Bellavista e la sua Pia Acqua Marcia, azienda immobiliare coinvolta nel fallimento della società del porto turistico di Fiumicino. Per lui e altri noti immobiliaristi del nord est valeva la regola dell’opacità: nonostante fossero in debito con la banca di milioni di euro di prestiti non restituiti (per Caltagirone erano 50 milioni), Veneto banca li teneva nell’elenco dei creditori “affidabili” così da non dover contabilizzare in bilancio le perdite. Secondo Bankitalia la lista dei beneficiari del credito facile comprende anche figli e mogli di componenti del consiglio di amministrazione e molti volti noti del mondo dell’imprenditoria e della politica italiana, tra questi: Giuseppe Stefanel, Gianfranco Zoppas, Marco De Benedetti e Gianpiero Samorì ma anche Denis Verdini e Giancarlo Galan.
Una gestione, quella di Vincenzo Consoli, descritta come “egemonica”, con un ruolo di “assoluto predominio” sul resto del board della banca. L’accusa in pratica è quella di aver fornito “credito facile caratterizzato da elevata rischiosità nonché da eccessiva concentrazione dei finanziamenti in un unico settore quello edile/immobiliare” e poi di aver truccato i conti di Veneto banca per farla apparire una banca sana ed affidabile.
Oltre a Consoli, nell’inchiesta sono indagate altre 14 persone, tra cui funzionari della banca che hanno subito perquisizioni domiciliari. Per il momento l’indagine si concentra sui bilanci degli anni 2013 e 2014, ma è probabile che le indagini vadano avanti coinvolgendo anche i conti degli anni successivi. La procura sta accertando le condotte che avrebbero ostacolato la vigilanza e alterato i bilanci di Veneto Banca. Il “sistema Veneto Banca” si teneva in piedi anche grazie ai cosiddetti “prestiti baciati”: la banca in pratica finanziava dei clienti affinché questi comprassero le azioni dell’istituto in cambio di prestiti dati senza alcuna garanzia di rimborso. In questo modo il cliente in difficoltà economica, deteneva per conto della banca le azioni della banca stessa e in cambio otteneva un prestito facile che non avrebbe mai restituito.
Un altro meccanismo scoperto dagli inquirenti riguarda le obbligazioni subordinate: anche in questo caso alcuni clienti o investitori ottenevano prestiti intestandosi ingenti portafogli di obbligazioni subordinate che altrimenti la banca avrebbe dovuto detrarre dal patrimonio di vigilanza. Tramite questi trucchetti Veneto Banca dava all’esterno un’immagine di banca solida e affidabile, in grado quindi di convincere anche ignari clienti a investire nelle azioni e nelle obbligazioni della banca, e riusciva ad ingannare Bankitalia e Consob mostrando una consistenza patrimoniale superiore al reale e all’interno dei requisiti di solidità richiesti per gli istituti italiani.
In questi giorni le perquisizioni dei finanzieri hanno portato al sequestro preventivo di circa 45 milioni nei confronti di più persone legate a Veneto banca. A Consoli sono stati sequestrati un immobile del valore stimato di 1,8 milioni di euro, oltre a liquidità e titoli. La giustizia deve fare il suo corso e servirà tempo, ma speriamo che alla fine non si perda l’occasione per far passare il messaggio che nelle banche italiane non chi sbaglia in buona fede, ma chi truffa clienti e organi di controllo paga davvero.