A Milano il 9° Social Business Forum dedicato all’era dell’impresa-piattaforma. Vodafone: noi sempre più ecosistema con servizi altrui
Airbnb non è proprietaria di alcuna casa per le vacanze, di alcun appartamento o camera in città, eppure oggi è valutata 24 miliardi di dollari, più di qualsiasi altra catena alberghiera nel mondo. Qualche tempo fa, alla notizia che Marriott in un anno avrebbe aggiunto 30 mila camere alla sua offerta, il ceo di Airbnb ha twittato: «Noi le aggiungeremo nelle prossime due settimane».
Uscita sfrontata, ma Airbnb è l’esempio di un fenomeno già presente e che cambierà ancora di più il modo di fare business: le aziende-piattaforma, «un nuovo modello di business che usa la tecnologia per connettere persone, organizzazioni e risorse in un ecosistema interattivo in cui possono essere create e scambiate incredibili quantità di valore». La bravura di Airbnb è stata proprio questa: costruire un ecosistema a cui appartengono proprietari, viaggiatori, la stessa azienda e dando così il via a un business miliardario.
La definizione di prima è contenuta nel libro Platform Revolution e uno dei suoi autori, Sangeet Paul Choudary, ha aperto ieri la nona edizione del Social Business Forum organizzata a Milano dalla società di consulenza Openknowledge, parte del Gruppo Bip. «Con l’avvento della platform era cambiato il nostro paradigma di business», ha detto Choudary, «non più il classico percorso dal produttore al consumatore (pipe business model, come l’acqua che scorre dentro un tubo, ndr), ma collaborazione fra le varie parti in cui gli utenti contribuiscono».
«Una rivoluzione impressionante, dirompente», ha spiegato, inaugurando la due giorni, il ceo di Openknowledge Rosario Sica, «che non riguarda soltanto la tecnologia ma il management, l’intero modello di business».
Non per niente questa edizione del Social Business Forum che continua anche oggi è intitolata «The Plat-firm Age», neologismo che mette insieme il termine platform con firm, azienda.
Airbnb non è ovviamente l’unico esempio di azienda-piattaforma e tantomeno il maggiore. Le prime tre società al mondo per valore e ricavi del marchio corrispondono proprio all’identikit di Choudary: Apple, Google, Microsoft.
Ci sono poi esempi come Uber, YouTube, Facebook e tutti sono plat-firm nativi, ma ci sono anche le imprese migranti, che fanno il passaggio verso questo tipo di modello, come ha fatto GE. «Non è detto che tutte le aziende debbano arrivare a diventare piattaforma», ha chiarito Sica. «Le aziende però devono fare i conti con le piattaforme, magari offrendo servizi che si inseriscano in un ecosistema. Ci sono business tradizionali in cui questa trasformazione è indispensabile perché altrimenti si corre il rischio che arrivino altri player a mangiare il proprio business. Potrei citare il classico esempio di Nokia con Apple, ma anche di Whatsapp con Vodafone, Netflix con Blockbuster. Se non si ha la capacità di intercettare il cambiamento e cavalcarlo si rischia di perdere il proprio mercato».
Ciò che le aziende dovrebbero fare, ha dichiarato Emanuele Scotti, cofondatore e managing partner di Openknowledge, è «imparare dal futuro»: c’è chi fa un ragionamento di crescita lineare come ha fatto Nokia rafforzandosi nelle mappe con fornitori tradizionali come Esri e chi invece riesce a situarsi su una crescita esponenziale, come ha fatto Google acquisendo Waze, il sistema di navigazione satellitare in cui il grosso del lavoro è fatto dagli utenti.
Allo stesso modo, mentre BlackBerry si è concentrato solo sulle caratteristiche del prodotto, Apple ha vinto costruendo un ecosistema.
In Italia fra le altre c’è un’azienda che sta lavorando sodo per diventare piattaforma, mettendo al centro la propria rete e il proprio servizio al cliente come fulcro di un ecosistema aperto a terzi. «Noi vogliamo giocare da piattaforma», ha detto Barbara Cominelli, director of commercial operations & digital Vodafone Italia, «già nella nostra rete, che diventerà una Gigabit platform, ci sono servizi di pagamento, sicurezza, tv, internet of things che solo in parte sono soluzioni Vodafone. Integreremo sempre più i nostri partner e grazie ai big data offriremo ciò di cui hanno realmente bisogno i clienti».
Fondamentale, comunque, è che queste piattaforme imparino dagli utenti, ha specificato Choudary: «Senza feedback la piattaforma muore, il valore non è dato dal numero di iscritti ma dal flusso di feedback che si ha». Qui avere un profilo in tempo reale del consumatore-cliente è fondamentale e così inviargli messaggi rilevanti, hanno spiegato durante i loro interventi Eugenio Cassiano, vp global accounts Europe SAP Hybris e Rene Ven Der Laan, director Emea global practice customer intelligence di Sas. Dal canto suo Ibm fra le molteplici applicazioni del suo cognitive computing, marketing incluso, sta anche sviluppando sistemi che facilitino il lavoro di collaborazione tanto necessario a una plat-firm come a un’azienda tradizionale: in vista, ha raccontato Katrina Troughton, general manager, social & smarter workforce solutions di Ibm, ci sono assistenti virtuali «che capiscono il tuo lavoro e offrono soluzioni», per esempio alle centinaia di mail che arrivano ogni giorno.
Andrea Secchi, ItaliaOggi