Il Cancelliere dello Scacchiere vuole ritardare i colloqui fino ad ottobre, quando si insedierà un nuovo primo ministro. Nonostante le dimissioni del governo ombra Labour, Corbyn rilancia: “Se si vuole cambiare la leadership del partito, mi ricandiderò”
“Dovremmo avviare il negoziato per l’uscita dall’Ue solo quando avremo un piano. Alcune aziende hanno interrotto le proprie decisioni su investimenti e assunzioni. Il ritardo nel ricorso all’articolo 50 aiuterà”. Il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne interviene sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, dopo l’esito del referendum che ha visto la vittoria del ‘Leave’. E cerca di ritardare i colloqui per l’uscita fino a ottobre, cioè fino a quando il successore di David Cameron avrà definito “una visione chiara di quali nuovi accordi stringeremo con i nostri vicini europei”.
Osborne ammette poi che, nonostante la Gran Bretagna abbia un “robusto quadro di misure contingenti” per fronteggiare l’esito della consultazione, nei prossimi giorni “non ci sarà una navigazione tranquilla”. Ma se il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker preme per un’uscita rapida di Londra, la cancelliera tedesca Angela Merkel, al contrario, frena sui tempi. O almeno questo è quanto è emerso nei giorni scorsi, anche se il ministro francese delle Finanze Michel Sapin, parlando a France 2, specifica che Parigi e Berlino sono entrambe d’accordo sul fatto che si debba “agire velocemente” e in maniera decisa sulla messa in atto dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. “Abbiamo temperamenti differenti – ha detto -, tutti conosciamo bene il modo in cui i tedeschi cercano di ragionare seriamente, e hanno ragione”, ha aggiunto. Ma “non c’è alcuna differenza tra Francia e Germania sulla domanda d’attualità: la Gran Bretagna deve andare in fretta? Sì. Londra ha votato, ha votato per il Brexit, il Brexit si deve mettere in atto fin da adesso”. E mentre da Bruxelles emergono posizioni contrastanti sull’uscita, a Berlino è previsto il vertice a tre tra Merkel, il presidente francese François Hollande e Matteo Renzi per stabilire una posizione comune su come affrontare la crisi causata dalla decisione del popolo britannico di uscire dall’Unione europea.
Il terremoto della vittoria del Leave ha inoltre spaccato il Labour, dove 12 ministri del governo ombra hanno ritirato il proprio sostegno al leader Jeremy Corbyn. Che, però, non intende fare un passo indietro, nonostante sia stato accusato dai suoi di aver sostenuto con scarso impegno e messaggi tardivi il voto per rimanere in Ue. E oggi dovrà affrontare oggi il dibattito sulla mozione di sfiducia presentata venerdì da due deputate, Margaret Hodge e Ann Coffey.
“Mi dispiace vi siano state dimissioni dal mio governo ombra – ha detto Corbyn -. Ma io non ho intenzione di tradire la fiducia di coloro che hanno votato per me, o dei milioni di sostenitori in tutto il Paese che hanno bisogno che i Labour li rappresentino”. “Coloro che vogliono cambiare la leadership del partito dovranno partecipare a un’elezione democratica, in cui io mi ricandiderò”, ha aggiunto Corbyn, spiegando che “nel corso delle prossime 24 ore rimodellerò il mio governo ombra e annuncerò un nuovo gruppo dirigente per portare avanti la campagna dei Labour per una Gran Bretagna più equa e per ottenere le migliori condizioni con l’Europa per il nostro popolo”.
il Fatto Quotidiano