La chef stellata dirige il traffico dei piatti, le grandi firme fanno capannello
Il momento più atteso del Premiolino è, da sempre, quando si mangia. E mercoledì sera, nel cortile di palazzo Marino a Milano, verso le ore 22,15, ho avuto le mie soddisfazioni. Il sindaco in persona, Giuliano Pisapia, dietro al banco dei vini per dare una mano ai camerieri, mi ha versato personalmente un bicchiere di Prosecco con tanto di gentile sorriso. E poi la signora Sandra Ciciriello, titolare con Viviana Varese del ristorante stellato Alice (che curava il catering), mi ha altrettanto personalmente cazziato poiché, al banco dei cibi, avevo iniziato dalla ricciola in bicchiere, piatto che invece avrebbe dovuto chiudere, e non aprire, l’ottima cena a base di pasta e fagioli con frutti di mare e risotto giallo un filo troppo al dente. Mai come quest’anno ho apprezzato l’assegnazione dei premi giornalistici. Rimane ancora un po’ di retorica del giornalismo di confine e di guerra, quasi come fosse l’unica forma di giornalismo da premiare (cronisti sportivi, di spettacolo, di economia e finanza, chissà perché, non vengono quasi mai considerati), ma perlomeno c’è molto precariato e si esce dai triti luoghi comuni. Il Premiolino 2016, infatti, va al photoreporter Francesco Zizola (figlio d’arte, ma il reato è caduto in prescrizione) dell’agenzia Noor, che ha documentato tre settimane a bordo della nave di Medici senza frontiere nel Mediterraneo; all’inviato Marco Imarisio del Corriere della Sera (chapeau per i suoi pezzi); al freelance Matteo Fraschini Koffi, nato in Togo, ma adottato a nove mesi da una famiglia italiana («speravo mi premiassero per i miei reportage dall’Africa, cui mi dedico da dieci anni», dice scherzando Matteo, «e poi, invece, mannaggia, mi han premiato per i servizi su Avvenire sul caporalato a Rignano Garganico. Ma ovviamente va benissimo così»); alla freelance Francesca Mannocchi, per i reportage da Libia e Siria per Piazzapulita (La7); a Michele Albanese, giornalista del Quotidiano del Sud e corrispondente calabrese dell’Ansa, per lo scoop sull’inchino della Madonna delle Grazie alla casa del boss (vive sotto scorta); ad Antonio Gnoli di Repubblica che, nelle interviste culturali – due pagine per volta che si leggono d’un fiato tanto sono fresche – rappresenta un punto di riferimento a livello internazionale); a Fede & Tinto, conduttori, autori e redattori della trasmissione radiofonica Decanter, programma di Rai Radio Due su cibo e agricoltura (qui, invece, c’è lo zampino di Fondazione Birra Moretti, che promuove il Premiolino). La serata è naturalmente occasione per una rimpatriata tra vecchi amici: discutono in allegria le eleganti Bedy Moratti, Inge Feltrinelli, Noris Morano e Marta Brivio Sforza; bel capannello di colleghi ed ex colleghi composto da Venanzio Postiglione, Gian Antonio Stella, Imarisio e Ferruccio de Bortoli; un po’ solitario Massimo Gramellini; Franco Abruzzo, storico ex presidente dell’Ordine dei giornalisti lombardo, torna in società («in gennaio mi ha investito un’automobile, frattura di tibia e perone, operazione, e oggi, caro Claudio, è il primo giorno che cammino senza stampelle»); sportivo e in gran forma Francesco Micheli (incredibile: il 19 ottobre saranno 79 anni); placido Giancarlo Mazzuca, nonostante la sua battaglia per essere pagato come consigliere di amministrazione della Rai e alla vigilia – ma lui lo sapeva? – dalla sua sostituzione come direttore de il Giorno; radioso e impeccabile, al solito, Giancarlo Aneri. Le due barbe bianche migliori sono quelle di Cesare Rimini e di Claudio Sabelli Fioretti, mentre Natalia Aspesi e Valeria Sacchi si intrattengono con Chiara Beria di Argentine, presidente del Premiolino. Un plauso a Giulio Anselmi, presidente dell’Ansa, che alla fine della cerimonia si avvia a piedi fino in via Torino e si accomoda senza tante storie sul tram 3, direzione Gratosoglio.
ItaliaOggi