Il comune di Como ha votato contro la vendita dell’8 per cento di Acsm-Agam all’utility controllata da Milano e Brescia. Sarà sempre più difficile per il Governo procedere alla riduzione del numero delle municipalizzate se non vengono approvate in tempi rapidi nemmeno operazioni tra quotate in Borsa
A parole sarebbero dovute già scendere da più di 8mila a meno di mille. Secondo le buone intenzioni del Governo, avrebbe dovuto essere una priorità, assolutamente necessaria per ridurre almeno una parte degli sprechi della pubblica amministrazione: limitare il numero delle società partecipate dagli enti locali (i Comuni in primis) per risparmiare sui costi di gestione e sulle inefficenze. Oltre a tagliare poltrone nei consigli di amministrazione (e relativi gettoni di presenza o compensi).
Ma passare dalle dichiarazioni ai fatti concreti non è mai così facile. Soprattutto, quando la volontà politica espressa dai vertici nazionali – in questo caso da Palazzo Chigi – non scende poi a livello locale, ai sindaci e fino ai consigli comunali. Ne è un chiaro esempio quanto accaduto pochi giorni fa, con una mancata operazione di semplificazione societaria che vede coinvolte due utility della Lombardia, A2a e Acsm-Agam, 3,8 miliardi di capitalizzazione di Borsa la prima e 121 milioni la seconda. Due società che già da anni hanno un solido legame: A2a – controllata paritariamente dai comuni di Milano e Brescia – possiede il 22 per cento di Acsm-Agam, nata dalla fusione delle ex municipalizzate di Monza e di Como, i quali ne possiedono rispettivamente il 29 e il 25 per cento.
Di fatto, una strada già segnata verso una più stretta collaborazione, con A2a destinata a diventare il soggetto forte industriale. Un ruolo già dichiarato dai manager di A2a, il cui obiettivo è diventare il polo aggregatore per tutte le ex municipalizzate della Lombardia. Invece, il consiglio comunale di Como ha bocciato la proposta avanzata dalla giunta di centrosinistra per la cessione ad A2a di un altro pacchetto di azioni pari all’8,25 per cento del capitale. Mentre nell’ambito della stessa operazione il comune di Monza dovrebbe cedere il 7,7 per cento del capitale. Un modo per rafforzare A2a e un domani procedere a un ulteriore semplificazione, con i comuni lombardi che diventeranno soci di una “grande” A2a.
Invece, il consiglio comunale di Como si è spaccato e anche un gruppetto di consiglieri del centrosinistra ha votato contro. Il progetto potrà essere ripresentato, ma intanto si è perso tempo. E tutto questo accade con società quotate dove il prezzo dei concambi è determinato dal mercato e dovrebbe semplificare procedure e ridurre i tempi. Non per nulla, la trattativa per l’acquisto del 51 per cento della “non quotata” Linea Group (un milione di clienti nelle province di Pavia, Lodi, Cremona e Brescia) sempre da parte di A2a è durata oltre un anno. Di questo passo ci vorranno decenni prima che il progetto di “disboscamento” delle 8mila partecipate pubbliche in Italia raggiunga veramente l’obiettivo delle “mille e mnon più mille” società a partecipazione pubblica.