Berlusconi, Meloni e Salvini chiedono all’ex capo della Protezione civile di guidare una larga coalizione «aperta a società civile, imprese e volontariato» per la corsa al Campidoglio
Alla fine ha deciso Silvio Berlusconi. Per superare il veto di Fratelli d’Italia su Alfio Marchini, per impedire che fiorissero altre candidature suggestive quanto improbabili (Salvini aveva aperto ad Irene Pivetti) dopo la bocciatura e il conseguente ritiro della disponibilità da parte di Rita dalla Chiesa che era il coniglio dal cilindro tirato fuori da Giorgia Meloni, il leader di Forza Italia ha richiamato all’ordine gli alleati ed è tornato sulla sua prima proposta: «Il nome per vincere a Roma ce l’abbiamo, ed è quello di Guido Bertolaso. Se glielo chiediamo tutti assieme, convintamente, sono certo che accetterà».
La richiesta del centrodestra unito Detto, fatto. Alle parole dell’ex premier recapitate giovedì a Meloni e Salvini, ha fatto seguito ieri la proposta ufficiale di candidatura per l’ex capo della Protezione Civile dal 2001 al 2010, e già sottosegretario a palazzo Chigi con delega all’emergenza Rifiuti in Campania dal 2008 nell’ultimo governo Berlusconi: «Chiediamo a Bertolaso di guidare un’ampia coalizione di centrodestra aperta anche al contributo delle migliori risorse della società civile, del mondo delle imprese e delle categorie, delle professioni e del volontariato, una coalizione in grado di conquistare il più ampio consenso dei cittadini romani e di ridare a Roma il ruolo che merita nello scenario nazionale ed internazionale». E questo, privilegiando «la compattezza della coalizione» ed evitando «candidature divisive».
«Sono tranquilo, accetto» Da Londra, dove si trova «in compagnia della mia nipotina, abbracciato a lei», Bertolaso a stretto giro di posta ha accettato la candidatura con una nota di poche righe: «Sono onorato della proposta che Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni mi hanno formulato. Grazie al progressivo miglioramento delle condizioni di salute della mia adorata nipotina, che mi consentono di riacquisire la necessaria tranquillità, accetto questa nuova sfida».
I dubbi e il ripensamento L’ex capo della Protezione civile in un primo momento si era detto disponibile a candidarsi che era arrivata qualche settimana fa da parte di Berlusconi, convinto che fosse lui l’uomo giusto per affrontare l’emergenza Roma visto che «si è sempre dimostrato un uomo del fare, capace e serio». Poi però, complice una certa freddezza da parte degli alleati – Salvini aveva espresso dubbi così come la Meloni , mentre la base romana di Forza Italia premeva per un accordo con Marchini – aveva fatto dietrofront, anche e soprattutto per la preoccupazione per le condizioni di salute della sua nipotina, che sembra però aver superato i suoi problemi.
Il no a Marchini, e cambia il quadro politico Le condizioni sono però radicalmente cambiate negli ultimi giorni anche per l’evoluzione del quadro politico. Rispetto alla prima richiesta di Berlusconi infatti, che aveva lasciato perplessi più d’uno fra alleati e gli stessi forzisti visto che Bertolaso dovrà affrontare due procedimenti giudiziari (sui lavori per il G8 alla Maddalena e sul terremoto dell’Aquila), la situazione delle candidature a Roma si è molto complicata. La Meloni ha annunciato la sua indisponibilità visto che aspetta un bambino che nascerà subito dopo il voto di Primavera, ma ha mantenuto fermo e netto il suo veto ad una convergenza su Marchini, che pure piaceva sia a Salvini che a buona parte di Forza Italia. Ma fermo è stato anche il no un po’ di tutti gli alleati del centrodestra alla proposta di Fratelli d’Italia di candidare Rita dalla Chiesa.
Per superare l’impasse, Berlusconi è dunque tornato ad insistere sul nome di Bertolaso, trovando terreno più fertile: «Siamo convinti – dice La Russa – che i procedimenti a suo carico siano destinati a cadere». Convinzione che un po’ tutti nella coalizione condividono, pur sapendo che la battaglia sarà dura anche perché, in campo, restano altri due candidati a contendersi l’elettorato moderato e di destra: Alfio Marchini e Francesco Storace, che non fa passi indietro e fa capire il refrain dei prossimi mesi: «Io non voglio una campagna con il codice penale».
di Paola Di Caro “Corriere della Sera”