Si stringe sulle alleanze tra gli istituti di credito. Sfumata la fusione tra Mps-Bpm-Ubi, cheap si avvicina quella tra Milano e Banco Popolare. E ora arriva una nuova proposta
Il risiko delle banche italiane è partito. Bpm e Banco Popolare sono a un passo dalla fusione. Tanti istituti di credito di medie e piccole dimensioni sono davanti ad un nuovo futuro. Ma c’è un caso che sta diventando più decisivo di tutti gli altri. È quello del Monte dei Paschi di Siena. E nel suo orizzonte sta spuntando un nuovo protagonista: le Poste, pharm o meglio il BancoPosta.
Proprio il matrimonio tra la Popolare di Milano e il Banco ha infatti impresso un’accelerazione alle vicende senesi. Fino a pochi giorni fa l’idea che si stava facendo largo tra i palazzi della finanza e in quelli del governo si basava proprio sulla sinergia tra Bpm, Ubi e appunto Mps. Il progetto, però, è fallito. Sulla linea che unisce Palazzo Chigi e Tesoro, allora, si sta iniziando a valutare un’alternativa. Il coinvolgimento della società guidata da Caio. Le vecchie poste, del resto, sono ormai solo un ricordo. In parte sono state di recente privatizzate. Ma soprattutto il bilancio è ampiamente egemonizzato dai prodotti finanziari della divisione bancaria e non più dalle tradizionali attività. Basti pensare che sono quasi 5 milioni i “correntisti” postali. La sua rete, capillare molto più di una banca, può contare su quasi 14 mila sportelli, di cui almeno la metà sono in grado di gestire tutte o quasi le prestazioni di una filiale bancaria.
Nelle stanze dell’esecutivo, quindi, nelle ultime ore è arrivato un nuovo dossier. Che riguarda appunto il possibile rapporto tra Mps e Poste. Un’ipotesi che i diretti interessati stanno ancora studiando. Ma che ha trovato fin dalle prime analisi alcune risposte convincenti.
Ci sono infatti alcuni presupposti da cui partire. Il primo: le principali banche del nostro Paese hanno dichiarato la loro contrarietà ad una acquisizione “sic et sempliciter” di Mps. Lo ha fatto Intesa. E lo ha fatto anche Unicredit che per fondersi con il Monte dovrebbe procedere ad una pesante ricapitalizzazione. Una strada piuttosta impervia visti gli andamenti recenti dei mercati finanziari e dei titoli bancari in Borsa.
Secondo: Mps è il terzo istituto per volume di impieghi di denaro, per dipendenti e per numero di sportelli (concentrati soprattutto in Toscana).
Il terzo: la campagna dei buoni fruttiferi di Poste ha riscosso negli ultimi mesi un successo inaspettato. A dicembre ha raggiunto quasi quota due miliardi. E molte di quelle risorse – che ora vanno investite attraverso la Cassa Depositi e Prestiti – provenivano proprio dai correntisti in fuga dalle banche in difficoltà.
Quarto: il Tesoro ha già un piede in Mps. Ne detiene, come eredità dei cosiddetti Monti-bond, ben il 4 per cento. Tutti questi fattori stanno giocando un ruolo nel favorire l’intervento di Poste e quindi anche di CDP. Dal punto di vista industriale, infatti, la società di Caio è interessata a rafforzare il suo profilo finanziario che sta diventando sempre più prevalente.
Ma nelle analisi in corso nell’esecutivo, l’operazione potrebbe prevedere anche altri soggetti. Poste, insomma, non agirebbe da sola. Nelle trattative condotte in questi mesi con diversi interlocutori, infatti, è stato registrato sempre un dato: l’interesse per i crediti di Mps. Il Monte è la prima banca italiana per “crediti cattivi”, quelli in sofferenza. Eppure la loro “qualità” (al di là della circostanza di non poterli conteggiare con precisione perchè non informatizzati) non viene considerata così negativa. La cessione a un altro soggetto (o più di uno) potrebbe dunque aiutare l’ingresso in Mps anche ai fini del giudizio che dovrà dare l’Unione europea. Perchè è evidente che tutto resta condizionato alla necessità – per una società sostanzialmente pubblica – di non valicare i confini degli “aiuti di Stato”. Anzi, nel dossier arrivato sulle scrivanie più importanti del governo, si ipotizza anche un’altra possibilità: che altri player disinteressati ad una totale acquisizione possano rientrare in gioco ad esempio su alcuni aspetti specifici di Mps. Le quattro “nuove banche” che nasceranno dalle ceneri di Etruria, Carife, CariChieti e Marche, potrebbero trovare una nuova vita con Mps e attraverso il sostegno più solido di Poste e Cdp. O ancora: Unicredit ha una presenza poco diffusa in Toscana. E potrebbe essere interessata ad una parte delle filiali del Monte proprio in quella regione. Il risiko, ovviamente, dipenderà anche dalle scelte che il governo compierà con la riforma del credito cooperativo. Il provvedimento sarà approvato dal consiglio dei ministri venerdì prossimo. Conterrà anche l’accordo sulla “bad bank” raggiunti nei giorni scorsi a Bruxelles e nuove norme per sveltire le procedure concorsuali.
E contestualmente verranno definite le regole per rimborsare gli obbligazionisti di Etruria e delle altre tre banche. Tre i criteri principali: saranno privilegiati chi ha una situazione patrimoniale debole e chi ha concentrato tutti i risparmi in quelle obbligazioni subordinate. Ma sarà escluso chi ha comprato quei titoli attraverso Sim esterne, in grado di procedere al rimborso.
di Claudio Tito “Repubblica”