Yahoo smentisce ufficialmente il suo a.d. Marissa Meyer. Il portale mail e motore di ricerca americano ha deciso di non scorporare la partecipazione al 15% nella piattaforma cinese di e-commerce Alibaba, doctor per un controvalore di circa 30 miliardi di euro, come invece aveva programmato Meyer. A frenare gli azionisti dall’operazione i timori legati alla possibile imposizione fiscale per miliardi di dollari negli Usa. Adesso, Yahoo sembra più intenzionato a seguire altre strade dopo aver preso in considerazione di vendere anche i suoi due servizi più importanti, posta elettronica e news, seppur ancora una volta contro il parere dell’a.d. Tra le opzioni sul tavolo c’è un reverse spin-off, vale a dire la cessione di attività e servizi che non hanno nulla a che vedere con la quota in Alibaba e che fanno parte del core business del gruppo, ma anche uno spin-off delle attività web e delle passività trasversale del gruppo. Al termine del processo, che potrebbe richiedere diversi mesi prima di venire completato, ci sarebbero due società distinte ed entrambe quotate in Borsa. Al momento, comunque, nessuna decisione definitiva è stata presa ma c’è comunque un’inversione di rotta rispetto alla strategia ideata da Meyer, che adesso sente vacillare anche la sua poltrona nonostante il presidente del cda Maynard Webb le abbia rinnovato la piena fiducia del board, aggiungendo che «non c’è nessuna intenzione di vendere l’azienda o sue attività. Le attività di Yahoo sono molto sottovalutate, motivo per cui siamo concentrati sullo sprigionamento di quel valore». Di certo c’è solo che il compito di Meyer era riportare la società a essere profittevole, cosa che non è accaduta. A fronte di un declino della pubblicità display tradizionale, infatti, il piano lanciato lo scorso anno e incentrato su mobile, video, native advertising e social non ha dato i risultati previsti. Non solo, parte degli azionisti rimprovera alla Mayer l’acquisizione da 1,1 miliardi di dollari (1 miliardo di euro) della piattaforma di microblogging Tumblr nel 2013. Un’operazione che ha portato in dote nuovi utenti ma non profitti. I cambiamenti arrivano dopo una serie d’incontri del consiglio di amministrazione della scorsa settimana e soddisfa le richieste di Starboard Value, investitore che aveva chiesto di abbandonare il progetto di scorporo per i troppi rischi impliciti e di cercare un acquirente per il business internet. Peraltro, l’agenzia delle entrate statunitense aveva già annunciato di considerare l’operazione esentasse.
(Italia Oggi)