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Due anni di condanna è la pena patteggiata da Gabriele Visco, il 52enne figlio di Vincenzo, ex ministro delle Finanze nei governi Prodi e D’Alema, finito ai domiciliari a febbraio per un presunto giro di favori sfruttando il suo ruolo di manager di Invitalia. Visco, accusato di corruzione e traffico di influenze, ha ammesso le proprie responsabilità e fornito nuovi spunti investigativi al pm Giulia Guccione, accedendo così ai benefici della pena concordata. Stessa scelta e stessa pena per le altre due persone coinvolte nell’inchiesta, l’avvocato Luca Leone, da lui fatto assumere come consulente ad Invitalia in cambio di una parte del suo stipendio, e l’ex consigliere comunale di An con una lunga carriera nella destra romana, Pierluigi Fioretti, che avrebbe agito come intermediario per la sua rete di relazioni con imprenditori amici e come sponsor per la sua carriera grazie proprio alle sue conoscenze in politica. Agli atti ci sono i tentativi di Visco di entrare nelle grazie delle alte gerarchie vaticane tramite la ristrutturazione di chiese ed edifici religiosi col super bonus e quelli di agganciare, senza riscontri che ci sia riuscito, il ministro al Made in Italy, Adolfo Urso.
I tentativi col ministro e il Vaticano
Visco era entrato nell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa sotto la gestione di Domenico Arcuri. «Dal 2019 ad oggi ho portato 70 milioni ad Invitalia, numeri spaventosi, nessuno mi può dire nulla…», rivendicava in un’intercettazione. Ma anche dopo l’allontanamento da Invitalia su spinta del nuovo ad Bernardo Mattarella, avrebbe mantenuto influenza all’interno dell’agenzia. Le sue rivelazioni alla procura verterebbero proprio su questa rete e su episodi pregressi. «Lasciano a me in mezzo a ‘na strada — diceva ancora — e onestamente… cioè a fine mese questi non me pagano lo stipendio, capisci non è divertente eh … mo vediamo che devono fa… na situazione bisogna trovarla … Poi per carità, mo riscuoterò tutti i crediti che c’ho da riscuotere in giro… quello è il minimo», alludendo con questo, secondo le annotazioni dei finanzieri del Valutario, «ai compensi di natura illecita che lo stesso è ancora in attesa di percepire».
Fulvio Fiano, corriere.it