(di Tiziano Rapanà) Ex abrupto, i mass media ci consegnano un’immagine da gaffeur del santo padre. L’ormai nota espressione “frociaggine” del venti maggio ha creato un vulcano di proteste. Poi c’è stato il turno del “chiacchiericcio è una roba da donne“. E adesso pare che il papa abbia riparlato di “frociaggine”. Tutte le dichiarazioni sono figlie di riunioni a porte chiuse, niente di documentato sotto la lente visiva. Sono bastate poche settimane per indebolire una figura pubblica idolatrata anche dai più irriducibili anticlericali, dal consesso progressista più accentratore. Usualmente ha prevalso un atteggiamento peritoso: erano, per fortuna, pochissimi gli insultatori sprezzanti che non si tenevano a dire fesserie su fesserie. L’opinione pubblica ha esibito un entusiasmo acceso e favorevole sui discorsi e le iniziative del papa. I laici evitavano accuratamente di commentare le intemerate di Bergoglio contro l’aborto, l’utero in affitto, l’ideologia gender. Nonostante le decise prese di posizione, nessuno aveva da ridire. Ora è un tempo nuovo, l’alba del tana libera tutti. Il papa è al centro di continue polemiche, anche feroci, per delle bazzecole. Le fesserie accendono le fiamme di un’ira che si ferma alla superficie della questione. Il papa ha fatto tanto per la persone omosessuali, ma molti se lo scordano. Nessuno cita più la frase “Chi sono io per giudicare?” che fu anche il titolo di un libro di Bergoglio. Per alcuni, la forma conta più della sostanza. Non c’è limite all’ottusità dei nuovi farisei, dell’opinione pubblica, ostaggi del politicamente corretto.