Le imprese si accingono a chiudere i bilanci 2023 e molte di loro stanno scoprendo che gli impatti economici della pandemia, della guerra, dei tassi ecc., non hanno permesso di raggiungere gli obiettivi che si erano prefissate. Il legislatore, consapevole di queste difficoltà, aveva introdotto negli anni scorsi misure per rinviare le perdite congelandole come se non fossero state mai registrate: questo ha comportato l’obbligo di evidenziarle con apposita disclosure nei bilanci e nelle note integrative.
Impresa alla copertura delle perdite
Dal 2023 è stato interrotto questo continuo rinvio, che ha interessato gli anni dal 2020 al 2022, e le imprese devono provvedere, come fatto sempre in passato, a coprire i deficit patrimoniali attraverso finanziamenti a fondo perduto o ricapitalizzazioni da parte dei soci. Il primo dubbio che sorge è: qual è l’entità della ricapitalizzazione da prendere in considerazione? Un dilemma di non semplice soluzione perché, se si considera il patrimonio al netto delle perdite rinviate a nuovo le ricapitalizzazioni potrebbero in molti casi essere mostruose. Se al contrario si guarderà solo alla perdita 2023 l’intervento potrebbe essere più facilmente fattibile. Questo però comporta anche l’esigenza di programmare la gestione dell’impresa in modo che le perdite congelate possano comunque trovare una copertura entro al massimo i cinque anni concessi dal legislatore. Così, quelle del 2020 dovranno essere coperte entro il 2025, quelle del 2021 entro il 2026 ecc.
Le responsabilità di amministratori e sindaci
Per fare questo le imprese, prima di decidere il da farsi, dovranno approvare degli opportuni budget, perché la permanenza di perdite ancorché congelate in base alle disposizioni di legge che lo hanno permesso, potrebbe rivelarsi un boomerang per le responsabilità di amministratori e controllori. L’unica agevolazione ancora disponibile, infatti, e solo per un anno, è la sospensione degli ammortamenti, ma anche questo benefit va valutata con un occhio alla continuità aziendale. All’eccessivo ottimismo dovrà pertanto essere sostituito un sano realismo, con l’obbligo di attivarsi opportunamente secondo le disposizioni che oggi impongono di far emergere tempestivamente la crisi. Così, dunque, l’approvazione dei bilanci 2023 potrebbe diventare il vero banco di prova della composizione negoziata della crisi.
Effetto domino anche sulle imprese sane
Il problema non riguarda solo le imprese in difficoltà ma, in qualche modo, si rifletterà anche sulle imprese sane che hanno rapporti commerciali e crediti verso le imprese in crisi perché, se per coprire le perdite queste ultime saranno costrette a chiedere stralci dei propri debiti, le imprese sane saranno costrette a registrare perdite nei loro bilanci. E’ un vero e proprio terremoto, quello che si sta profilando all’orizzonte.
Adottare misure palliative e temporanee, nel tentativo di nascondere la polvere sotto il tappeto, rischia infatti di produrre nei prossimi anni una nube tossica nei confronti di amministratori e organi di controllo.
Anche perché, se poi la società dovesse andare in default, curatore e organi delle procedure sosterranno che la crisi d’impresa non è stata attivata tempestivamente, con le conseguenti responsabilità per organismi vigilanti e consiglio d’amministrazione. Meglio quindi valutare attentamente la situazione e procedere con un minimo di prudenza. Per evitare rischi eccessivi.
Marino Longoni, ItaliaOggi Sette