Siamo ancora al si dice, al può essere. Il gioco ad incastri nel mosaico della mappa del potere laziale non sempre riesce al primo colpo. I giornali dicono cose terribili ed attribuiscono al governatore sudditanze e peggio che probabilmente non hanno ragione di esistere. Chi comanda deve sempre rendere conto a più entità ma poi mette la faccia nelle decisioni. Lasciamogli un po’ di intimità nelle scelte. A comandare in Regione sono sostanzialmente in tre e uno di questi notoriamente si occupa soprattutto di conti. La solitudine nelle decisioni è un classico. Tra le 4-5 situazioni da modificare ci sono quelle più immediate (San Giovanni, Latina, Ifo), Tor Vergata (forse?) Tivoli (chi dopo i disastri di Santonocito?), Asl Roma 2 e forse Rieti, che non sembra essere molto performante. Ma ci sono altri commissari da sistemare o da rimuovere, un sacco di FF nelle terne apicali, un sacco di incertezze sul da farsi. L’attenzione di Rocca è sul Sud del Lazio e sui Castelli, soprattutto, oltre che sulla Ciociaria. Tre aree nelle quali la politica inquina fin troppo la sanità. Ma chi è in grado di porre rimedio? L’effetto di questa incertezza si scarica inevitabilmente sul territorio, e quindi sugli utenti. Dice un saggio (della sanità) che il problema serio non è nei Pronto Soccorso, che in qualche modo tengono testa alle emergenze (anche reiterate); le criticità, spiega, sono nei manovratori, in chi comanda, che non sempre si dimostra all’altezza. E le liste d’attesa? Chissà. E le proteste dei privati, che si sono esposti per Rocca e oggi presentano il conto? Ancora chissà.
Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio