«Questa sentenza arriva dopo più di 20 anni di scontri nei quali ho vinto un numero impressionante, circa 60, tra cause civili e denunce penali». A spiegarlo è Manfredi Lefebvre d’Ovidio, oggi proprietario del gruppo Crystal Cruises e fino al 2018 azionista unico della compagnia di crociere di lusso Silversea. La sentenza a cui si riferisce Lefebvre è quella della corte di appello di Bologna, che rigetta il riscorso di suo fratello Francesco Lefebvre d’Ovidio.
Il patrimonio del padre Antonio Lefebvre d’Ovidio
Un verdetto che arriva dopo anni di battaglie legali sul destino del patrimonio costituito dal padre Antonio Lefebvre d’Ovidio, insigne giurista, scomparso nel 2011, noto per avere redatto il codice di navigazione. Oltre che accademico, Antonio è stato un abile uomo d’affari, fondando compagnie di navigazione e arrivando a possedere, tra l’altro, il Grand Hotel Billia che a Saint Vincent ospitava il casinò. La società più importante era Silver Sea, venduta nel 2018 dal figlio Manfredi agli americani di Royal Caribbean per circa 1,5 miliardi di dollari. Ma già nel 1998 Antonio Lefebvre per salvaguardare equilibri e affetti decide di dividere il patrimonio tra i due figli Francesco e Manfredi, e la figlia Elvira. Per questa ragione vengono costituiti dei trust (con beneficiari i tre figli) in cui conferire le quote delle società di famiglia. In realtà è l’inizio di un dissidio che sfocia in un lodo arbitrale, il cui esito è impugnato da Francesco Lefebvre.
Il patrimonio del padre Antonio Lefebvre d’Ovidio
Un verdetto che arriva dopo anni di battaglie legali sul destino del patrimonio costituito dal padre Antonio Lefebvre d’Ovidio, insigne giurista, scomparso nel 2011, noto per avere redatto il codice di navigazione. Oltre che accademico, Antonio è stato un abile uomo d’affari, fondando compagnie di navigazione e arrivando a possedere, tra l’altro, il Grand Hotel Billia che a Saint Vincent ospitava il casinò. La società più importante era Silver Sea, venduta nel 2018 dal figlio Manfredi agli americani di Royal Caribbean per circa 1,5 miliardi di dollari. Ma già nel 1998 Antonio Lefebvre per salvaguardare equilibri e affetti decide di dividere il patrimonio tra i due figli Francesco e Manfredi, e la figlia Elvira. Per questa ragione vengono costituiti dei trust (con beneficiari i tre figli) in cui conferire le quote delle società di famiglia. In realtà è l’inizio di un dissidio che sfocia in un lodo arbitrale, il cui esito è impugnato da Francesco Lefebvre.
Le vicende passate
Nel 2001 lo scontro sembra ricomporsi con la decisione di sottoscrivere da parte di tutti i Lefebvre un accordo transattivo che stabilisce la liquidazione di Francesco, che esce di scena ottenendo immobili (tra gli altri una palazzina ex Savoia a Villa Ada a Roma, terreni, centri commerciali e quote societarie) per un valore, all’epoca, di oltre 100 milioni di euro. Nel 2008 nuovo colpo di scena: Francesco impugna l’accordo transattivo perché ritiene che il fratello Manfredi ne abbia violato i patti e chiede un risarcimento di 600 milioni di euro. La causa viene incardinata nel foro di Bologna, dove nel 2012 una sentenza rigetta il ricorso di Francesco, che ricorre in appello. Il verdetto di secondo grado è del 2015 e stabilisce ancora una volta di non accogliere le ragioni di Francesco, che tuttavia fa ricorso in terzo grado. Nel 2018 la Cassazione si pronuncia per dire che la motivazione della corte di appello di Bologna non è corretta e Francesco ottiene che la causa torni di nuovo in Corte di Appello.
Nessuna violazione
Nei giorni scorsi l’ultimo verdetto: i giudici hanno stabilito che la sentenza della cassazione sebbene corretta «non conduce alla riforma della sentenza emessa dal giudice di primo grado». Manfredi Lefebvre, insomma, non ha violato l’accordo del 2001, ma i legali di Francesco Lefebvre hanno già detto che stanno valutando un ennesimo ricorso. Manfredi si limita a dire: «Francesco è un gentiluomo di grande cultura e intelligenza, per una lunga parte della mia vita è stato il mio migliore amico e siamo stati un team formidabile nel lavoro. Poi un astio profondo lo ha separato dai miei genitori, da mia sorella e da me».
Andrea Ducci, corriere.it