Il secondo acconto delle imposte a rate e dal 16 gennaio 2024 solo per il titolare della partita Iva: non possono fruire del rinvio del versamento i collaboratori dell’impresa familiare e il coniuge nel caso di azienda coniugale.
Il beneficio è invece concesso ai contribuenti tenuti a versare in unica soluzione il prossimo 30 novembre l’acconto delle imposte sui redditi (dovuto in base al modello redditi PF 2023).
Per la verifica del requisito dei 170mila euro di ricavi e compensi, valore massimo per rientrare nella disposizione, le persone fisiche che esercitano attività agricole o attività agricole connesse (per esempio agriturismo, allevamento, eccetera) titolari anche di reddito d’impresa in luogo dei ricavi devono considerare l’ammontare del volume d’affari (campo VE50 del modello di dichiarazione Iva 2023).
Chi non è tenuto invece alla presentazione della dichiarazione Iva, per il monitoraggio dei 170 mila euro, dovrà considerare l’ammontare complessivo del fatturato 2022 comprensivo di fatture (elettroniche e non) e corrispettivi.
Queste sono le principali informazioni contenute nella circolare 31/E pubblicata ieri dall’agenzia delle entrate ed avente ad oggetto il rinvio del versamento della seconda rata di acconto delle imposte sui redditi, disposto ai sensi dell’articolo 4 del decreto legge 145/2023, in vista della scadenza del pagamento previsto per il prossimo 30 novembre.
Interessi +0,33% ogni mese per chi dilaziona. Va preliminarmente ricordato che il legislatore con l’articolo 4 del dl 145/2023 (il c.d. decreto anticipi) ha concesso unicamente per l’anno d’imposta 2023, la possibilità alle persone fisiche titolari di partita Iva che nell’annualità precedente hanno dichiarato ricavi o compensi di ammontare non superiore a 170 mila euro, di effettuare il versamento della seconda rata di acconto dovuto in base alla dichiarazione dei redditi, con esclusione dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi assicurativi Inail entro il 16 gennaio dell’anno successivo, oppure in cinque rate mensili di pari importo, a decorrere dal mese di gennaio, aventi scadenza il giorno 16 di ciascun mese.
In caso di scelta di pagamento dilazionato sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi di cui all’articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero il 4% su base annua che frazionato corrisponde a circa in uno 0,33% aggiuntivo ogni 30 giorni.
Beneficio solo al titolare di partita Iva. La disposizione è focalizzata unicamente sulle persone fisiche titolari di partita Iva escludendo anche eventuali soggetti ad essi “collegati redditualmente” come i collaboratori familiari o il coniuge nel caso di azienda coniugale.
Nella circolare in commento infatti viene chiaramente specificato che proprio con riferimento o all’impresa familiare e all’azienda coniugale, non gestita in forma societaria, in forza della loro natura individuale, non possono fruire del rinvio del versamento in esame i collaboratori familiari e il coniuge del titolare d’impresa stessa (salvo che non siano, a loro volta, titolari di partita Iva).
La soglia dei 170 mila euro. Guardando sempre alle imprese familiari o all’azienda coniugale, per la verifica del superamento della soglia dei 170 mila euro deve ritenersi rilevante e l’ammontare complessivo dei ricavi conseguiti.
Qualora il contribuente eserciti invece più attività, contraddistinte da codici Ateco differenti, va considerata la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate e nel caso in cui, inoltre, la persona fisica eserciti contestualmente un’attività di lavoro autonomo e un’attività d’impresa, si deve assume la somma dei ricavi e dei compensi relativi a tutte attività esercitate.
Giuliano Mandolesi, ItaliaOggi