Secondo un nuovo studio condotto da ricercatori della UC San Francisco, pubblicato su JAMA Neurology, elevati livelli nel sangue di NfL, un biomarcatore di danno ai nervi, in pazienti affetti da Sclerosi Multipla sono un fattore predittivo di un peggioramento della disabilità a distanza di uno o due anni. “La ricerca è la prima a quantificare l’intervallo di tempo che precede l’aggravarsi della disabilità che vede la lesione al sistema nervoso centrale”, ha dichiarato Ahmed Abdelhak, del Dipartimento di Neurologia dell’UCSF e del Weill Institute for Neurosciences e primo autore. Quasi un milione di americani soffre di SM. Nei casi avanzati, i pazienti possono avere una mobilità limitata e sperimentare spasticità, debolezza, scarsa coordinazione e incontinenza. Tuttavia, i recenti progressi suggeriscono che i sintomi più gravi possono essere sostanzialmente ritardati o addirittura evitati. “L’aumento dei livelli di NfL, che può essere rilevato fino a due anni prima di evidenti segni di peggioramento del grado di disabilità, rappresenta la finestra in cui gli interventi possono prevenire l’aggravarsi della malattia”, ha affermato Abdelhak. Nello studio, condotto congiuntamente dall’Ospedale Universitario e dall’Università di Basilea in Svizzera, i ricercatori hanno esaminato l’incidenza del peggioramento della disabilità, fissato a sei mesi o più nell’aumento della menomazione che, a sua volta, si riflette in un punteggio più alto sulla Expanded Disability Status Scale. Gli scienziati hanno distinto tra acutizzazione della disabilità con ricaduta, che comporta sintomi residui o il ritorno di quelli vecchi dopo la ricaduta, e progressione graduale dei sintomi senza ricaduta. I ricercatori hanno analizzato i dati relativi a un periodo di dieci anni, provenienti da circa 4.000 visite di pazienti all’UCSF, per lo studio EPIC, e da circa 9.000 visite di pazienti in diversi siti in Svizzera, per lo studio SMSC. Insieme, le due analisi hanno incluso quasi 1.900 pazienti. Tra questi, 570 pazienti sono stati identificati con disabilità in continuo peggioramento, di cui la maggior parte indipendente dalle ricadute. I risultati hanno mostrato che livelli elevati di NfL erano associati a un rischio fino al 91% più elevato per l’aggravarsi della disabilità, con una ricaduta stimata a circa un anno dopo, e a un rischio fino al 49% più elevato del peggioramento della disabilità senza ricaduta quasi due anni dopo. “Pensiamo che l’innalzamento dell’NfL si verifichi prima quando vi è una complicazione della disabilità senza ricadute”, ha sostenuto Abdelhak. “Questo schema diverso potrebbe indicare un processo più prolungato che diminuisce di intensità prima dell’aumento della disabilità”, ha detto Ari Green, direttore medico del Centro per la Sclerosi Multipla e la Neuroinfiammazione dell’UCSF e autore dello studio. “Questo è in linea con le conoscenze che provano che la morte delle cellule nervose è un processo lento che porta alla disabilità permanente”, ha continuato Green. “Ciò significa che gli interventi per proteggere le cellule nervose potrebbero avere il tempo di fermare la disabilità”, ha aggiunto Green. “Oltre alle scoperte rivoluzionarie sulla relazione temporale tra l’aumento di NfL e la graduale progressione della malattia nella SM, lo studio sostiene l’importante ruolo di NfL come marcatore precoce del danno nervoso”, ha precisato Jens Kuhle, che ha guidato lo studio svizzero e dirige il Centro Sclerosi Multipla dell’Ospedale Universitario e dell’Università di Basilea, in Svizzera. “Il monitoraggio dei livelli di NfL potrebbe essere in grado di rilevare l’attività della malattia con una sensibilità maggiore rispetto all’esame clinico o alla diagnostica per immagini convenzionale”, ha sottolineato Kuhle.