Qual è il prezzo di un cacao sostenibile per tutti? A questo interrogativo si cercherà di dare risposte il prossimo 19 ottobre a Perugia, in occasione di un convegno organizzato nell’ambito di Eurochocolate che avrà un focus su alcuni Paesi africani, Ghana e Costa d’Avorio in particolare, che sono tra i principali produttori mondiali di questa commodity. Ad affrontare il tema sarà Michele Nardella, direttore della divisione Economica e Statistica della International Cocoa Organization (Icco). Come si stabilisce il prezzo del cacao e dove lo acquistano le multinazionali? Quanto ci costerebbe il cioccolato, se il mercato del cacao fosse sostenibile per i produttori? Una fotografia del mercato sarà data dall’International Cocoa Organization, la più importante organizzazione mondiale per il cacao, che raggruppa 28 paesi, di cui 10 esportatori e 18 importatori e che rappresenta il 75% della produzione mondiale di cacao e circa il 60% del consumo. Il mandato della Icco è di favorire un’economia del cacao sostenibile e mantenere accettabili i prezzi alla produzione: obiettivi che spesso vedono contrapposti gli interessi dei paesi produttori e quelli degli importatori.Ma quali sono gli ostacoli che impediscono una più ampia adesione ai controlli sanitari? Per il 29% degli intervistati la causa principale è la mancanza di conoscenza di quali controlli effettuare o la scarsa disponibilità economica, mentre il 18% lamenta la mancanza di tempo e il 16% sostiene di non aver bisogno di sottoporsi ad alcune attività di prevenzione.
“Mentre il Report dello scorso anno ha mostrato come il Covid-19 abbia avuto un impatto significativo sulla salute mentale e fisica degli italiani, quest’anno il focus dello Stada Health Report è sulla prevenzione. Abbiamo intervistato 2.000 italiani e i risultati evidenziano una significativa distanza tra l’importanza di adottare misure preventive e il numero di italiani che si sottopone effettivamente a controlli preventivi adeguati”, afferma Luca Vitaloni, Senior Research Manager Human8. “In particolare, abbiamo osservato che oltre il 40% degli italiani non si presenta ad alcun controllo medico e che quasi 1 italiano su 3 non è nemmeno consapevole che potrebbe sottoporsi a dei controlli o non se li può permettere.Siamo davvero grati della partnership con il Gruppo Stada e auspichiamo che i dati di questa ricerca contribuiscano ulteriormente alla mission dell’azienda di prendersi cura della salute delle persone”.
Non ci sono, però, solo dati scoraggianti. Nonostante l’attuale contesto storico, il benessere mentale degli italiani è migliorato. Il 70% degli intervistati – principalmente uomini e over 55 – dichiara che la propria salute psichica è “buona” o “molto buona”, registrando un +10% rispetto al 2022: un trend in crescita che si riscontra anche negli altri Paesi coinvolti nella survey. Anche la qualità del sonno è migliorata: 2 italiani su 3 (67%) – in particolare uomini e di età compresa tra i 18 e i 34 anni – sostengono di riposare bene durante la notte (di contro il 59% nel 2022).
Non mancano, comunque, le preoccupazioni – in primis la paura di perdere un familiare (63%), le problematiche legate alla salute (61%) o di carattere economico (50%) – che solitamente sono discusse in privato, in famiglia o nella propria cerchia di amici (44%), anche se 1 italiano su 4 (24%) preferisce non confidarsi con nessuno.
Un altro topic analizzato dallo Stada Health Report è il livello di soddisfazione degli italiani nei confronti del sistema sanitario. Come negli altri Stati, anche nel nostro Paese si registra un calo della fiducia dei cittadini, passando dal 69% nel 2021 al 51% nel 2023, posizionando l’Italia al terz’ultimo posto, seguita solo dalla Serbia e dalla Polonia. A preoccupare 1 nostro connazionale su 3 – soprattutto donne e over 55 – è la difficoltà di approvvigionamento dei farmaci. Di contro, gli italiani sono tra i più fedeli in Europa alla farmacia (73%) e 2 su 5 sono favorevoli alla vaccinazione presso questo presidio sanitario, con una percentuale (40%) di gran lunga superiore alla media europea (24%). Infine, l’Italia è nella “top 3” per quanto riguarda l’uso della ricetta elettronica (76% di contro una media europea del 45%).