I nuovi nati nel Paese sono ormai sotto quota 400mila, un numero destinato a diminuire anche nel 2023, specie se prosegue il trend attuale.
Ma se guardiamo dentro c’è un altro dato che più di ogni altro segnala il rischio strutturale anche in chiave economica, che poi è alla base di tutto: il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) passerà da circa tre a due nel 2021 a circa uno a uno nel 2050.
Le previsioni Istat nell’ipotesi neppure peggiore parlano di una popolazione che entro il 2070 calerà di 11 milioni, stanti gli attuali trend. Un calo che sarà concentrato nella fascia dell’età lavorativa, almeno nei prossimi due-tre decenni.
Tutto questo avrà non poche conseguenze economiche, e che cosa significa quindi in termini economici? Il concetto qui è racchiuso nella formula del dividendo demografico, che vuol dire crescita economica che deriva dall’aumento della quota di popolazione in età lavorativa e in particolare dall’aumento dell’offerta di lavoro per quantità e qualità. Un dividendo significa un surplus da redistribuire, ma non tutte le società fanno utili, ci possono essere anche delle perdite. E in campo demografico certamente l’Italia è in passivo (questo vale per molti Paesi occidentali).
Ci sarà un calo del Pil pro-capite. Nel ventennio il Pil pro-capite scenderebbe di circa 5mila euro: insomma invece del dividendo servirebbe un aumento di capitale. Ecco il rischio economico grave di un grande Paese, “che deve affrontare un nodo culturale profondo, quello che vede la difficoltà, o la resistenza dei figli a diventare genitori”, spiega Gian Carlo Blangiardo (in foto), professore di Demografia e già Presidente dell’Istat.
Anche qui ci sono numeri che ci mettono di fronte alla realtà: nella fascia 30-34 anni in Italia ogni tre giovani ormai “autonomi” ce ne sono due che non lo sono, e che vivono ancora “da figli” con i genitori, per vari motivi: il fenomeno è peggiorato, nel 1991 il rapporto a favore degli autonomi era di ben quattro a uno.
Nel giro di venti anni si prevede un aumento del numero di famiglie di circa un milione di unità: da 25,3 milioni nel 2021 si arriverebbe a 26,3 milioni nel 2041 (+3,8%).