(di Tiziano Rapanà) Fosse tutto imprevedibile. Ma qui impera la naturale propensione alla tribolazione: “Colazione o non colazione?” E non è questione ma pura lana caprina, ovvero: se questi fossero i problemi! E non c’è confabulazione, congettura da terza via o alternativa accettabile. Uno vede il cornetto, la ciambella, il pasticciotto e giustamente ha voglia di addentare. Poi, il pensiero corre alla dieta e al regime dittatoriale fatto di calorie in eccesso da ridurre. E allora penso al giovane Werther, tribolatore di professione. Non aveva problemi di linea, credo. Lui puntava ai massimi sistemi esistenziali, pensava all’amore che non poteva vivere. Epperò non si poneva la questione del kraphen. Io vorrei guardare negli occhi una fetta di torta di mele, per poi rifiutarla. Farlo nella maniera più efferata possibile, dicendole con fermezza: “Je suis venu te dire que je m’en vais”. E al bando il possibile piantarello suo e i singhiozzi. Non citerò Verlaine, non ho la grazia esausta di Serge Gainsbourg. Voglio vedere soffrire una torta di mele, ma salvarmi dall’aggressione di grassi e zuccheri. Non posso cedere, devo resistere. Goethe non scriverà mai un libro sui miei dolori. Voglio mi si dedichi un libro sul mio stare qui traballante tra mangiare e non mangiare. Avverto il precipizio. Cado, mi abbandono al trionfo degli zuccheri. Mi illudo, capitolo, mangio, e la menzogna continua. Je t’aime… moi non plus.