Nel 2021 i ricavi aggregati dei 24 maggiori operatori sanitari privati in Italia sono risultati in crescita del 15,2% sul 2020 e del 6,3% sul 2019. Queste variazioni seguono il calo annuo del 7,8% nel 2020, dipeso dalla sospensione parziale delle attività sanitarie e dal differimento delle ospedalizzazioni programmate non urgenti. Il superamento dei livelli pre-crisi non è stato tuttavia generalizzato: i ricavi sono saliti del 6,7% per gli operatori ospedalieri e del 44,1% per la diagnostica, mentre la ripresa non si è concretizzata per i player della riabilitazione (-0,3% sul 2019) e per i gestori di RSA (-0,2%). E’ quanto emerge dal nuovo report elaborato dall’Area Studi Mediobanca (nella foto, l’a. d. Alberto Nagel) che analizza i dati finanziari dei 24 principali gruppi del settore con fatturato individuale superiore a 100 milioni.
La fine dello stato di emergenza sanitaria nel marzo 2022 e la contestuale riduzione delle limitazioni che hanno contraddistinto il biennio 2020-2021 hanno comportato una progressiva ripresa delle attività del settore sanitario e il contestuale recupero delle liste d’attesa accumulate durante il periodo pandemico. Le prime evidenze per il 2022 consentono di stimare una crescita del giro d’affari a livello aggregato dei maggiori operatori sanitari privati nell’ordine del 4% sul 2021, peraltro non generalizzabile a tutti i comparti: è il caso del settore 4 delle residenze sanitarie assistite per le quali si stima un ritorno alla saturazione dei posti letto sui livelli pre-Covid non prima del 2025, prosegue lo studio di Mediobanca. Il valore aggregato della forza lavoro è aumentato del 4,5% nel triennio 2019-2021, sfiorando le 72 mila unità nel 2021. I numerosi bandi di assunzione indetti dalle Asl durante la pandemia hanno causato, tra gli operatori privati, una carenza di personale medico e paramedico. Il costo del lavoro aggregato dei maggiori operatori privati è così aumentato del 13,6% nel triennio, in virtù dell’ampio ricorso a personale interinale e all’erogazione di compensi aggiuntivi volti a trattenere i sanitari rispetto alle più allettanti offerte del settore pubblico. La redditività è in recupero, ma ancora inferiore ai livelli pre-pandemici: le misure di contrasto all’epidemia hanno causato un sensibile aumento dei costi di produzione, solo in parte coperti dai ristori previsti da apposite normative emergenziali. L’ebit margin aggregato – si legge ancora nello studio Mediobanca – è così risultato negativo nel 2020 (-0,6%), ma l’intensa campagna vaccinale e la minor virulenza del Covid-19 hanno consentito il recupero dell’attività clinica e il miglioramento dell’ebit margin salito al 3,7% nel 2021, seppur ancora inferiore al 6,0% del 2019. A livello di singola società, cinque gruppi chiudono in rosso il 2021, rispetto ai dieci nel 2020. Il Roe aggregato è in riduzione dal 7,2% del 2019 al 4,1% del 2021. I valori più elevati sono quelli di Humanitas (17,2%), della molisana Pro.Med (16,6%) e del San Raffaele di Roma (12,6%). La struttura patrimoniale nel 2021 permane complessivamente solida, con i debiti finanziari al 107,7% dei mezzi propri (111,4% nel 2019). Rimangono particolarmente elevate le disponibilità liquide che superano quota 1,8mld a fine 2021, pari al 39% dell’indebitamento finanziario. Le posizioni più solide sono quelle dei gruppi IEO, Auxologico Italiano, C.D.I., Salus, Istituto Don Calabria e Humanitas, con debiti finanziari pressoché assenti per il primo e inferiori al 30% del patrimonio netto per gli altri.Escludendo le società consortili, L’area Studi di Mediobanca ha individuato 28 player privati attivi nell’assistenza ospedaliera e distrettuale con fatturato individuale superiori a 100 milioni di euro nel 2021. Tra questi, 19 sono specializzati nell’assistenza ospedaliera, tre nella gestione di Rsa (Kos, Segesta e S.O. Holding), tre nella diagnostica medica (Cerba Healthcare Italia, Synlab e C.D.I.) e tre nella riabilitazione funzionale (Don Gnocchi, Istituti Clinici Scientifici Maugeri e il San Raffaele di Roma). Al primo posto per ricavi si colloca Papiniano (1.633 mln, holding del Gruppo Ospedaliero San Donato e Ospedale San Raffaele di Milano) che precede Humanitas (1.084 mln), GVM – Gruppo Villa Maria (798mln), Policlinico Universitario A. Gemelli (787 mln) e KOS (660 mln). La diversificazione geografica più ampia spetta a Kos, S.O. Holding e Don Gnocchi, presenti in almeno nove regioni italiane, seppur con maggiore radicamento al Nord. Tra le ospedaliere 3 si distinguono GVM e Gruppo Garofalo con attività, rispettivamente, in nove e otto regioni. Papiniano e Humanitas sono invece concentrati in Lombardia, con il primo attivo anche in Emilia-Romagna, dove sviluppa il 5,1% dei ricavi, e il secondo presente anche in Piemonte e Sicilia dove genera il 21% circa del fatturato. Solo otto tra gli operatori selezionati gestiscono strutture oltreconfine, trattandosi per lo più di presenze marginali. Fanno eccezione GVM, con 13 presidi esteri (di cui uno in Ucraina e uno in Russia) che realizzano il 14% dei ricavi nel 2021, e Kos con 47 Rsa in Germania responsabili del 27% del fatturato totale. La ripartizione delle attività tra regime d’accreditamento e solvenza evidenzia una situazione variegata tra gli operatori. Nel 2021 l’incidenza minima dell’accreditamento è segnata da C.D.I. i cui servizi di diagnostica sono in massima parte intermediati da fondi integrativi e assicurazioni (41,8% dei ricavi complessivi), da privati (22,4%) e da aziende (11,4%). Tra gli altri player le spese dei solventi registrano una maggiore incidenza per KOS (36%) e IEO (35,4%), mentre il San Raffaele di Roma genera il 94% dei ricavi in accreditamento.