
Negli ultimi sei anni, con il consenso dei sindacati, la compagnia ha richiamato in servizio il personale di volo in riposo, violando le normative nazionali e comunitarie sulla sicurezza operativa. Nel 2011, un dipendente si è rifiutato di decollare e ha subito una penalizzazione. Recentemente, un giudice del lavoro ha dichiarato che le sanzioni inflitte per i “riposi mensili movibili” erano illegittime. La nuova Alitalia-Ethiad ha fatto sapere: “Li abbiamo ridotti a due al mese e su base volontaria”, ma non ha revocato la sanzione.
Il concetto di “riposo movibile” non può essere considerato un vero riposo. Non si può più pretendere che il personale decolli in queste condizioni. La situazione per Alitalia resta complessa, ma almeno ora il personale di volo avrà “riposi autentici”. Questo sviluppo, e qui viene il bello, non è affatto scontato. Dal 2009, la compagnia di bandiera, in accordo con i sindacati, ha integrato nel suo sistema di turni la categoria dei “riposi movibili”. Questa scelta consente di richiamare in servizio primi ufficiali e personale di cabina anche all’ultimo minuto, tramite contatto telefonico. Nonostante le obiezioni dei lavoratori e i timori che questo sistema potesse confliggere con le norme di sicurezza, ben otto rappresentanze sindacali hanno acconsentito, ignorando tali problematiche. Il conflitto è esploso recentemente, a sei anni di distanza, a causa di una vertenza tra un singolo lavoratore e l’azienda. Davide contro Golia. E in questa disputa, Davide ha vinto, rispondendo al nome di Bernardo De Vries, presidente di FamilyWay, un’associazione creata per tutelare i diritti familiari del personale di volo.
La sentenza è stata emessa dal Tribunale di Civitavecchia. Il giudice ha deliberato sul contenzioso tra Alitalia Cai Spa e uno steward che aveva contestato una sanzione disciplinare (un giorno di sospensione dal servizio e dalla retribuzione) a lui inflitta il 23 dicembre 2011. Alla base del provvedimento c’era il fatto che il 16 ottobre, il dipartimento di gestione degli equipaggi lo aveva contattato telefonicamente per informarlo di un avvicendamento di tre giorni che prevedeva il suo impiego in un giorno di “riposo movibile” programmato per il 18 ottobre. In sostanza, lo steward era stato richiamato alla vigilia del primo dei due giorni di “riserva”, seguito da un giorno di “riposo rimovibile”. Il lavoratore si è opposto, dichiarandosi disponibile a lavorare nei due giorni di riserva, ma sottolineando che la richiesta non era conforme al contratto collettivo nazionale di settore e violava le norme europee sulla sicurezza, che stabiliscono un minimo di sette riposi inamovibili al mese, per un totale di 96 l’anno. Nonostante ciò, il lavoratore è stato punito e la questione è finita in tribunale, dove ora è arrivata una sentenza che chiarisce il punto.
Riguardo al meccanismo operativo, i giudici, dopo un’attenta analisi, hanno confermato la posizione del lavoratore. L’avvocato di Alitalia ha descritto il metodo di gestione dei turni che ha portato alla controversia: “In base al contratto collettivo nazionale, riteniamo che due riposi al mese siano inamovibili durante l’estate e tre durante l’inverno. Questi riposi sono programmati il 23 del mese precedente, mentre gli altri sono considerati “movibili”, ovvero pianificati in base alle necessità.” Qualora sussistano esigenze aziendali, infatti, la compagnia è in grado di richiamare il personale anche in questi giorni programmati, causando non poche problematiche per i lavoratori.

Inizialmente si ricorre a riserve, e qualora emergessero necessità ulteriori che non possono essere gestite tramite queste, vengono convocati i lavoratori che solitamente ricevono preavviso alcuni giorni prima, quando si presenta effettivamente l’esigenza. Il lavoratore è informato che il riposo è flessibile e quindi sa che potrebbe essere chiamato in servizio anche in quel giorno, rendendolo obbligato a presentarsi.
Tuttavia, agendo in questo modo, il lavoratore in riposo non può mai realmente considerarsi tale. I giudici evidenziano questo aspetto nella sentenza: “Appare evidente che i giorni di ‘riposo flessibile’ non permettono al lavoratore di considerarsi completamente libero dalla prestazione lavorativa, poiché deve sempre rimanere disponibile per eventuali chiamate. Ciò impedisce di considerare i ‘riposi flessibili’ come ‘giorni liberi da ogni tipologia di servizio e di riserva’ ai sensi dell’art. 5 del D.lgs.185/2005, e quindi di computare tali giornate nel conteggio di quelle necessarie per rispettare le disposizioni normative” che stabiliscono almeno 7 riposi mensili o 96 annuali. Non 5 giorni all’anno, come stabilito da Alitalia. Non è un dettaglio da poco, poiché aggiungere un giorno di lavoro a chi ha operato per 13 o 18 ore consecutive per più giorni va a influire sulle sue condizioni psico-fisiche. E non rappresenta una garanzia per i passeggeri, che credono di poter contare su personale ben riposato. Così, la decisione: il “riposo mensile flessibile” previsto dal contratto CAI come giorno di riposo di cui l’azienda può disporre “in operativo” è stato dichiarato illegittimo.
“Inadempimento datoriale”. Stop ai riposi flessibili
Di conseguenza, i giudici ribaltano i termini della questione. Non è il dipendente a essersi illegittimamente sottratto a un dovere, ma l’azienda. L’inadempimento datoriale – argomenta il giudice Irene Abrusci – è consistito “nella pretesa della CAI di obbligare il dipendente a lavorare in un giorno che, al contrario, per legge doveva essere dedicato al riposo, al recupero delle energie psico-fisiche e al soddisfacimento di esigenze familiari e sociali, di indubbio rilievo costituzionale”. Inoltre, il rifiuto del dipendente, severamente punito dall’azienda, appare sproporzionato rispetto a quel singolo turno non svolto; considerando “le dimensioni della società resistente e il numero di lavoratori coinvolti, l’assenza di un assistente di volo per un solo giorno lavorativo non risulta idonea a compromettere l’attività aziendale”. Infatti, la Alitalia CAI non ha dimostrato di aver subito concreti danni dall’assenza del dipendente.
Resta da vedere quali sviluppi ci saranno ora che un tribunale ha “sconfessato” i riposi flessibili e dichiarato nulla la clausola contrattuale che li ha introdotti. “La pronuncia non è definitiva ma essendo immediatamente esecutiva, fino a eventuale sentenza contraria, potrà essere invocata dal personale di volo che si trovi destinatario di richieste analoghe da parte dell’Azienda”, sottolinea FamilyWay, che ha supportato la causa. Inoltre, “Per effetto della sentenza, l’azienda dovrà immediatamente adeguare la disciplina riguardante i riposi, eliminando la distinzione tra riposi flessibili e inamovibili”.
Alitalia–Etihad: “Ridotti a due, su base volontaria”
La società comunica che “la sentenza si riferisce a una questione legata alla gestione precedente” e che il meccanismo dei turni è stato parzialmente modificato da allora. Nella nuova Alitalia–Etihad, specifica, i giorni di riposo flessibile per esigenze operative rimangono, ma non possono superare due al mese, a fronte di otto inamovibili, “in conformità con la normativa europea”. Aggiunge anche che “a differenza del passato, il personale non è più obbligato ad aderire ma può farlo su base volontaria”. Tuttavia, si potrebbe contestare che non è stata revocata la sanzione all’unico steward che si era rifiutato di tornare in servizio, lasciando tutti i dipendenti con il timore di provvedimenti disciplinari. Infine, il giudice ha accolto le motivazioni addotte dal ricorrente, in cui si evidenziava che il riposo flessibile contrasta con le norme di sicurezza del volo, senza differenziare per quantità e frequenza. Tanto da dichiarare nulle le clausole contrattuali che lo regolano. Di conseguenza, si evince che – anche se nel frattempo sono stati ridotti a due – rimangono comunque due di troppo.