Il 2021 è stato, in media, un anno meno caldo dei precedenti, le precipitazioni sull’intero territorio nazionale sono state complessivamente inferiori alla media climatologica (-7%): tutti i mesi hanno fatto registrare precipitazioni inferiori alla norma, ad eccezione di gennaio, luglio e novembre. Giugno, settembre e febbraio, i mesi più caldi rispetto alla media. Lo rileva il Rapporto Ispra ‘Stato e trend del clima in Italia’ relativo al 2021.
La costa della Sardegna figura tra le regioni col numero più elevato di giorni asciutti, in una classifica guidata da Liguria orientale ed Emilia Romagna, con valori superiori a 320 giorni e il massimo di 326 giorni asciutti a capo Mele (Savona). Valori elevati si registrano anche sulla costa toscana e laziale, sulle coste adriatica e ionica, sulla Sicilia centro-meridionale e, appunto, sulla costa della Sardegna.
L’indice Cdd (Consecutive Dry Days) che rappresenta il numero massimo di giorni asciutti consecutivi nell’anno, ha fatto registrare i valori più alti sulla Sicilia meridionale (fino a 139 giorni secchi consecutivi), seguita dalla costa tirrenica centrale (fino a 100 giorni) e dalla Sardegna occidentale e settentrionale. Oltre alla Dop, Cia Sardegna propone un programma ‘Miele nelle scuole’, una forte aggregazione degli apicoltori, una maggiore presenza del prodotto sardo nella grande distribuzione organizzata e un maggior utilizzo del miele sardo nella produzione di dolciumi.
“In Sardegna la scarsa meccanizzazione del comparto agricolo, la quasi inesistente presenza dell’agricoltura intensiva con il conseguente ridotto utilizzo di diserbanti e pesticidi, consentono tuttora di ottenere produzioni di miele di elevata qualità, con varietà pregiate quali il miele di corbezzolo, di cardo, di eucalipto, di asfodelo, di rosmarino o di lavanda”, evidenzia Cia Sardegna. “Tutte produzioni che costituiscono un patrimonio inestimabile per il comparto agroalimentare isolano. Quello che fino a oggi è mancato è una visione di insieme del comparto. Oggi esistono problemi di sopravvivenza economica delle aziende apistiche, di concorrenza sleale da parte del miele estero, di inquinamento genetico con l’utilizzo di api non autoctone, di inquinamento ambientale prossimo alle aree industriali, di ricambio generazionale, di un cambiamento climatico in corso”.