Era di giugno. Giorno 4 di una primavera del 1961. Una domenica rimasta storica negli annali del calcio grazie anche all’espressione che Sandro Ciotti scandì alla radio: “Clamoroso al Cibali!”, per raccontare le gesta dei rossazzurri che contrariamente ai pronostici batterono i nerazzurri dell’Inter. Da quel giorno di acqua ne è passata sotto i ponti del Catania calcio, storica matricola 11.700. E clamoroso, per la verità, non appare il fallimento sancito dal tribunale etneo, del club, oggetto come altri, e tra questi certamente il rivale di sempre, il Palermo, di avventurieri e progetti insensati. L’ultima sponda laziale è affondata miseramente per “inadempimento nel pagamento”. Con l’avvento del professionismo nel calcio, era il 1929 ebbe luogo la fondazione della Società sportiva Catania, nata dalla fusione di varie società calcistiche provenienti dal soppresso Campionato Catanese, tra cui la U.s. Catanese e la Juventus Catania F.c. Nel 1929-30 fu ammessa alla seconda divisione; poi in prima sino alla serie B Ma con la seconda guerra mondiale il club venne sciolto e il 24 settembre 1946 venne fondata la nuova società, che, ripartita dalla Serie C, in tre anni tornò in serie B. Durante gli anni cinquanta per una sola stagione militò in massima serie. Tra il 1960 e il 1966 il Catania disputò sei stagioni consecutive nella massima serie, ottenendo per tre volte l’ottavo posto: il primo in particolare – dove si piazzò al secondo posto nel girone d’andata – fu quello del “Clamoroso al Cibali!”, dove il risultato del Cibali impedì all’Inter di potersi laureare Campione della serie A nel 1961. Nel 1966 il blub etneo fu rilevato da Angelo Massimino, il cui periodo di presidenza sarà il più lungo della storia della società. Sono stati anni di grande difficoltà ma anche di enormi successi con Ennio Mastalli e Aldo Cantarutti. Nel 1993 il Catania Calcio, a causa di inadempienze finanziarie, si vede costretto a ripartire dall’Eccellenza Sicilia, senza però fallire. Seguono tre promozioni che riportarono il Catania in Serie C1 al termine della stagione 1998-1999. Nel frattempo il presidente Angelo Massimino muore in un incidente stradale e nel 2000 Grazia Codiglione, vedova del cavaliere, cede la società a Riccardo e Luciano Gaucci. Nella stagione 2000-2001 il Catania sfiora la promozione in cadetteria, classificandosi terzo e perdendo la finale dei play-off. Gli etnei riescono a tornare in Serie B al termine della stagione successiva vincendo i play-off. Alla fine del campionato i Gaucci cedono la società all’imprenditore Antonino Pulvirenti. E’ il periodo di maggior successo. In serie ci resta sei anni, sono gli stessi dell’arrivo alle falde dell’Etna di Walter Zenga, Sinisa Mihajlovic, Diego Simeone (el cholo), Montella.
Nel 2013 inizia il tempo delle retrocessioni. Pulvirenti coinvolto nell’inchiesta ‘Treni del gol’ alla fine lascia il posto a una cordata di piccoli imprenditori, la Sigi, che non riesce più a fronteggiare e debiti economici appesantiti anche dalla gestione del centro sportivo di Torre del Grifo voluto da Pulvirenti con il denaro (da restituire) al credito sportivo. Infine, l’uscita di scena dell’imprenditore laziale Benedetto Mancini che aveva partecipato alla base d’asta per rilevare il ramo d’azienda legato alla parte sportiva del club rossazzurro. La decadenza per “inadempimento di pagamento integrale del corrispettivo”. L’ultima beffa che ha decretato il fallimento.
Gli etnei non torneranno in campo. Lo stop al campionato del Catania comporta la sua esclusione dal campionato di Serie C e delle variazioni nella classifica del torneo perché le gare della società etnea risulteranno non disputate. Il Catania dovrebbe ripartire, con un nuovo club, dal campionato Dilettanti. L’assegnazione del titolo sportivo spetterà per ruolo e competenza al sindaco della città. “Alla rabbia e al senso d’impotenza per le tante contraddizioni di questa vicenda – afferma il Comune etneo , è doveroso fare prevalere la lucidità di pensare a quanto sia indispensabile unire le forze cittadine, ciascuno secondo la propria parte, per non disperdere l’inestimabile valore della passione calcistica catanese che da tante generazioni si tramanda e di cui il sindaco Pogliese si è sempre fatto interprete generoso. Ora più che mai dobbiamo ritrovare il senso più autentico dello Sport che significa rispetto, unione e forza ma anche autocontrollo, per rialzare la testa e non farci inghiottire dallo scoramento per la pesantissima batosta. Non lo merita anzitutto l’insuperabile tifoseria catanese a cui vanno sentimenti di gratitudine e riconoscenza per avere sempre sostenuto la squadra della Città, malgrado le amarezze degli ultimi anni. E’ ora di riconoscersi tutti insieme nella missione di fare rinascere il Calcio a Catania, più forte nei fondamentali economici e più saldo nei valori etici e sportivi, analogamente a quanto accaduto in tante altre realtà italiane, per esempio il Parma e la Fiorentina e altri club calcistici come il Palermo e il Bari”.
Resta l’amarezza. “L’estromissione al campionato del Catania calcio offende profondamente l’intera comunità non solo sportiva catanese”, afferma la sezione catanese dell’Ussi, l’Unione stampa sportiva della Federazione nazionale della Stampa, secondo cui la città, i tifosi e tutti coloro i quali, compresi i giornalisti, operano nell’ambito sportivo, “pagano il prezzo di gestioni insensate e degli assalti di avventurieri che a Catania sono venuti a cercare facile fama e passerelle illuminate approfittando della buona fede di chi crede, e ha creduto fino in fondo, che una società calcistica con un illustre passato come quella rossazzurra debba rappresentare degnamente una delle più grandi città italiane. Oltre all’incalcolabile danno di immagine, bisogna adesso fare la conta di quanti posti di lavoro vanno persi: dai giocatori alle maestranze, dall’indotto ai professionisti che si sono adoperati perché la storia del Catania calcio non si concludesse in modo così vergognoso”. L’Ussi fa un appello ai giornalisti, “che hanno sempre seguito con la massima attenzione le vicende calcistiche ed extracalcistiche della società rossazzurra” e a cui spetta adesso “il compito di raccontare un fallimento che non è e non può essere solo sportivo, ma che merita certamente l’attenzione della magistratura”.