Volkswagen resta sotto pressione in borsa. In avvio di settimana il titolo cede a Francoforte il 4% a 110, sovaldi sale 8 euro nella versione ordinaria e il 2,9% a 104,1 euro in quella privilegiata. Lo scandalo che vede coinvolta la casa tedesca pesa ancora sull’intero settore auto europeo (Djstoxx -2,4%) .
Ultimatum della Germania a Volkswagen. Entro 10 giorni le vetture diesel del marchio devono essere ‘pulite’ dal software illegale ed in linea con gli standard di emissioni. L’ufficio automobilistico federale tedesco (KBA) ha dato tempo fino al 7 ottobre al gruppo di Wolfsburg per rispettare i parametri nazionali. Se il termine non verrà rispettato, annuncia la Bild nella sua edizione domenicale, la KBA ritirerà il permesso alla circolazione, vietando di fatto alle auto coinvolte di essere vendute o anche solo di viaggiare nel Paese. Mentre Volkswagen Italia blocca le vendite delle auto ferme nei concessionari, prosegue quindi il pugno duro del governo Merkel nei confronti della casa automobilistica, colpevole, secondo il Financial Times, di una truffa così grave da superare “la madre di tutti gli scandali”, ovvero la statunitense Enron che fallì nel 2011 per spericolate operazioni finanziarie. E’ di ieri l’annuncio della volontà dell’esecutivo di rendere più facili le class action per i consumatori tedeschi a partire dal 2016, ma in Europa le posizioni non sono però così decise: il Guardian pubblica un report con cui il Dipartimento britannico per l’ambiente, alimentazione e affari agricoli aveva consigliato ai membri britannici del Parlamento Ue di votare contro le nuove norme Ue in materia di controlli, che prevedono ispezioni a sorpresa con test su strada e non più in laboratorio.
Intanto, mentre il neo amministratore delegato Matthias Mueller promette una “spietata” pulizia interna per eliminare del tutto i ‘trucchi’ utilizzati nei test per le emissioni dei propri veicoli, continuano ad arrivare in serie indiscrezioni su avvertimenti arrivati in passato alla casa di Wolfsburg sulle irregolarità dei propri software. Il primo, in ordine di tempo, è targato Bosch, produttore di componenti per Volkswagen, che nel lontano 2007 avvisò il suo cliente che i software installati sulle auto erano contrari alle norme di legge e potevano essere installati su vetture da usare come test di prova e non come veicoli da immatricolare e immettere su strada. Ma avvertimenti arrivarono anche dall’interno: nel 2011 un tecnico, riporta la Faz, denunciò al management le irregolarità, ma le sue parole rimasero inascoltate. Nelle pieghe della vicenda finisce incagliata anche Daimler, che nel giugno dello scorso anno ha avviato il richiamo di 11.000 van Sprinter della Mercedes per un update del software collegato al sistema di emissioni, in modo da prevenire “possibili inconvenienti con autorità e controllori”. La rivelazione è del Welt Am Sonntag e Daimler non smentisce, ma sottolinea che l’operazione non ha niente a che fare con lo scandalo Volkswagen, visto che, a detta di un portavoce, il problema risiedeva nelle difficoltà di comunicazione e collegamento fra i software dei van e le attrezzature che conducevano i test.
I consumatori vanno all’attacco e preannunciano una class action. In particolare, Altroconsumo ha stilato un elenco in sei punti di richieste
L’Ue corre ai ripari, dal primo gennaio 2016 cambieranno i test di omologazione. Secondo gli analisti lo scandalo potrebbe aiutare Marchionne