Il Pnrr dispensa a piene mani finanziamenti che la Regione trasforma in bozze di progetti per la sanità del territorio. Gli utenti fanno finta di credersi, gli amministratori locali già vedono il risvolto politico, i direttori generali delle aziende sanitarie e ospedaliere si trovano a dover mettere in campo e realizzare decine e decine di progetti. Sembra facile. Con tutto quello che c’è da fare con la pandemia ancora in gioco, con centinaia di migliaia di prestazioni arretrate, bisogna anche pensare al futuro. Qui si giocano la capacità, lo spessore, l’intraprendenza dei manager. Ci sono quelli che corrono, come Giuseppe Quintavalle (Tor Vergata), come Silvia Cavalli (Asl Latina), come Cristina Matranga (Asl Roma 4), come Daniela Donetti (Asl Viterbo); e ci sono quelli che faticano, sia nelle aziende capitoline che in provincia. Spesso il cambio di approccio, di mentalità è difficile e il rapporto con il territorio e con la platea degli utenti non aiuta. Ci prova Francesca Milito in una Asl parecchio complicata (Asl Roma 3), tiene duro Marinella D’Innocenzo (Asl Rieti). Un discorso a parte va fatto per Narciso Mostarda, dg del San Camillo. Chiamato sul ponte di comando di una corazzata della sanità laziale, è anche (ancora) commissario della Asl Roma 6. Una ubiquità che pesa. Vale la pena ricordare infine che ci sono tre poltrone in palio, proprio in queste settimane. Asl Roma 1, Asl Roma 6 e Spallanzani. Nel primo caso potrebbe essere confermato Angelo Tanese, nel secondo c’è un grosso punto interrogativo: ci si aspetta una new entry, magari da fuori regione. Per l’Istituto di via Portuense è nebbia fitta. Governa Francesco Vaia, direttore generale FF, uno degli uomini più popolari d’Italia in ragione del Covid. Promuoverlo, affiancarlo, congelarlo? Non s’è capito. Allo Spallanzani non c’è nemmeno il direttore scientifico. Giuseppe Ippolito è scomparso nel nulla e al suo posto c’è un pur valido FF. Qualcuno prima o poi farà capire a tutti costa sta succedendo.
Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio