Sviluppare un farmaco che possa essere impiegato nei pazienti umani e canini per il trattamento del cancro alla prostata. Questo l’obiettivo che ha guidato uno studio, descritto sul Journal for ImmunoTherapy of Cancer, condotto dagli scienziati dell’Università di Tokyo, che hanno esplorato i percorsi utilizzati dal cancro per eludere il sistema immunitario. I cani, spiegano gli autori, costituiscono un modello migliore rispetto ai modelli murini per valutare i possibili trattamenti associati al cancro alla prostata. Il team, guidato da Shingo Maeda, ha individuato un farmaco anticorpale in grado di migliorare significativamente i tassi di sopravvivenza alla neoplasia. Il cancro alla prostata, continuano gli esperti, costituisce il tumore più comune tra gli uomini a livello mondiale. I ricercatori hanno ipotizzato che i linfociti T regolatori o Treg, delle cellule immunitarie, possano inibire la capacità del sistema immunitario di riconoscere e attaccare le cellule tumorali. Per la produzione di Treg è necessaria l’attivazione del gene Forkhead box protein 3 (FOXP3), una proteina che controlla la velocità di trascrizione dei geni. Se si riuscisse a ridurre la produzione di Treg, sottolineano gli studiosi, potrebbe essere possibile sviluppare un trattamento immunoterapico per i pazienti con neoplasie in stadio avanzato. Per i test preclinici, continuano gli autori, i cani costituiscono un modello migliore rispetto ai topi, grazie alle similitudini nelle cellule tumorali, nelle risposte immunitarie e nella progressione della patologia che li accomunano con la specie umana. “Le ghiandole prostatiche dei cani condividono molte somiglianze con quelle umane – afferma Maeda – il cancro alla prostata nei nostri amici a quattro zampe è simile a quello umano. Speriamo di proseguire gli studi e passare alle sperimentazioni cliniche, in modo da individuare in futuro delle strategie terapeutiche più efficienti contro il cancro alla prostata”.