Adesso naturalmente nell’occhio del ciclone ci sono loro, i direttori generali della sanità del Lazio, costretti ancora una volta ad aggiustare il tiro, a rivedere schemi e strategie per riallinearsi con gli sviluppi della pandemia e con le nuove misure che superano quelle già in essere. Stanno entrando in campo i privati a dare una mano, ma per gradi, senza l’intensità necessaria. Del resto bisogna frenare anche con l’ottimismo, se si la gente si convince che il peggio è quasi passato e si possono allentare i freni non corre più a vaccinarsi. E anche con il vaccino Asl e ospedali devono andare cauti. Cambiano le regole, ma sfugge sempre qualcosa e i cluster, acclarati o meno, vengono fuori un po’ dovunque. C’è anche un altro fronte sul quale misurarsi, quello dei progetti a pioggia che il Pnrr consente di mettere in campo. L’assessore alla sanità Alessio D’Amato gira per le strutture a presentarli, tutti sono gratificati, ce n’è veramente per ogni gusto. Ma una volta che ti sono state attribuiti degli ospedali di copm unità li devi anche mettere in campo, c’è del lavoro da fare. E i dg devono distogliere attenzioni ed energie per passare da una emergenza ad un’altra. Corrono Giuseppe Quintavalle (Tor Vergata), Cristina Matranga (Asl Roma 4), si batte come un leone Silvia Cavalli (Asl Latina), resiste in trincea Daniela Donetti (Asl Viterbo). Narciso Mostarda continua a dividersi tra San Camillo e Asl Roma 6, e questo non giova a nessuna delle due aziende. Gli altri faticano, o girano a largo fin che possono dai problemi. L’uscita dal tunnel è ancora lontana.
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