he anno sta iniziando? Il Covid ci sta presentando un conto sempre più salato. Non solo dovremo farci i conti, ma anche abituarci a una sua permanenza sperando che non continui l’assurda abitudine dei partiti a farne oggetto di campagne politiche. Piuttosto dovremo preoccuparci di due tendenze tra loro intrecciate, ma che seguono percorsi e tempi diversi.
La prima è il costo dell’energia. La seconda è l’inflazione. Su questa va detto che, come spesso accade, ci concentriamo sul breve periodo. Ci fa paura, e non potrebbe essere altrimenti, lo scatto di questi mesi. Ma se estendiamo lo sguardo all’indietro fino al 2008, anno della crisi finanziaria, per oltre un decennio abbiamo avuto il problema opposto. Dovremmo tenere a mente le considerazioni di Fabio Panetta. Il membro dell’esecutivo della Bce, ci dice che stiamo vivendo un’inflazione buona, legata cioè a un’economia che corre e una meno buona, frutto di un restringimento dell’offerta; ma non stiamo vivendo una cattiva inflazione di quelle che non solo superano gli obiettivi delle banche centrali ma soprattutto mettono in discussione le aspettative sui prezzi creando un’instabilità di fatto. E comunque sul tenere a bada l’inflazione si sono formate schiere di banchieri centrali che dovrebbero far sperare in una buona strategia di contenimento senza che questo comprima le possibilità di crescita. Più insidioso per il nostro Paese il tema dell’energia. Al di là delle componenti di prezzo legate agli andamenti dei costi internazionali, esiste il problema di un’Italia che in passato ha fatto scelte discutibili per essere un Paese senza risorse. Quelle scelte che secondo il ministro Roberto Cingolani oggi impediscono di assorbire o mitigare almeno in parte le pressioni sui prezzi internazionali. Basti pensare che non si vogliono usare né tantomeno cercare quelle poche risorse di transizione che abbiamo (il gas). Lo shock delle superbollette di questi mesi dovrebbe consigliare di evitare ulteriori decisioni basate su quella merce di poco prezzo, ma dannosissima, che si chiama ricerca del consenso.
Daniele Manca, corriere.it